La formazione del nuovo governo, l'alleanza con il Pd, la cooptazione dei componenti del nuovo esecutivo con gelosie e l'ira degli esclusi: le nuove tensioni nel M5s si saldano alla battaglia dei gruppi parlamentari che da mesi chiedono visibilità e un maggiore ruolo decisionale sino ad arrivare a mettere in dubbio i poteri del capo politico, Luigi Di Maio. E' successo ieri in occasione dell'avvio dell'iter per la scelta del nuovo capogruppo al Senato: lì, in assemblea, è arrivata la proposta "choc", la richiesta di modifica dello Statuto 5 Stelle per mettere mano e limitare i poteri in mano al capo politico del Movimento. Una richiesta che ha visto contrapporsi le due fazioni pro e contro Di Maio, tanto da invocare la mediazione del garante Beppe Grillo. E che ha convinto il capo politico a rilanciare da New York sulla battaglia cardine del Movimento, quella del taglio dei parlamentari: "ci aspettiamo lealtà dal Pd, non vogliamo ritardi", dice in vista della conferenza dei capigruppo che domani sarà chiamata a Montecitorio a decidere i tempi.
Ma non basta. Da mesi i parlamentari attendono la costituzione di un organismo che si affianchi al capo politico nella gestione del Movimento: Di Maio l'aveva promesso e gli aveva anche dato il nome: "i facilitatori". Ora i senatori chiedono che venga istituito un organismo politico, una sorta di nuovo "direttorio" politico di 10 componenti, tra cui i due capigruppo di Camera e del garante Beppe Grillo. Chiamato a gran voce a tornare ad occuparsi del Movimento, o quantomeno a venire ad ascoltare le ragioni dei senatori in una nuova assemblea da convocare a stretto giro. "E' arrivato il momento di introdurre il principio democratico dell'elezione dal basso verso l'alto di tutti i livelli, organi e cariche del Movimento" ha esortato, nel corso dell'assemblea, il senatore pentastellato Primo Di Nicola dopo la proposta di revisione dello statuto che sarebbe arrivata, affermano indiscrezioni, da Emanuele Dessì.
Anche in quest'ottica la nomina dei nuovi capigruppo di Camera e Senato, che avverrà con una vera e propria competizione elettorale, con la costituzione di "squadre" che si propongono nel direttivo in contrapposizione tra di loro, diventerà l'occasione per la misurazione della forza delle varie "aree" che convivono nel Movimento. Alla Camera le candidature come capogruppo si sono chiuse e ora si guarda alla formazione delle squadre: verranno composte con l'indicazione di 4 rappresentanti di area (istituzioni, economia, sociale e internazionale) che faranno i vicepresidenti e verranno eletti singolarmente, un capogruppo vicario, un tesoriere e 3 delegati d'aula. E a Montecitorio lancia la sfida Anna Macina che annuncia la sua candidatura prima della chiusura dei termini e della possibile candidatura dell'attuale vicario di Francesco D'Uva, Francesco Silvestri. Al Senato la battaglia è appena iniziata e si concluderà entro metà ottobre, in tempo per Italia 5 Stelle. In corsa potrebbe esserci Danilo Toninelli, senatore "dimaiano" ma non riconfermato nel nuovo governo. Come Barbara Lezzi, indicata dai suoi colleghi come uno dei senatori più amareggiati per la mancata fiducia, come pure Vincenzo Santangelo. A gettare acqua sul fuoco, pur senza smentire i contenuti dello scontro in assemblea, arriva invece il senatore Sergio Puglia: "nessuna maretta, solo scambio di idee". Anche Nicola Morra rimarca: "nessuna baruffa, solo un esercizio di democrazia".