Organizzarsi già da ora per spendere le risorse che verranno dall'Europa è una mossa saggia, ma è presto per festeggiare l'apertura del nuovo cantiere: primo perché il lavoro di riforma che dovrà accompagnare gli investimenti sarà difficile, soprattutto per l'Italia, e secondo perché il Recovery fund è ancora soltanto una proposta, appesa ad un negoziato complesso che andrà in scena nelle prossime settimane. I vertici delle istituzioni europee, invitati agli Stati generali di Villa Pamphilj, incoraggiano il governo ma non fanno sconti: l'Italia stavolta dovrà davvero trasformarsi, e in un ragionevole arco di tempo anche pensare ad abbassare il suo altissimo debito.
La Commissione europea è stata la prima ad appoggiare l'Italia, tanto da disegnare il Recovery fund in modo che a Roma andasse la fetta più ampia. Ma la solidarietà, spiega il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, "non è una strada a senso unico". Ovvero, se da una parte c'è l'Ue che aiuta, dall'altra deve esserci un Paese che "realizza trasformazioni indispensabili" per rafforzarsi, e quindi rafforzare tutta l'Ue. L'Italia ha ben chiaro il concetto, secondo il commissario Paolo Gentiloni e il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, convinti che sia arrivato il momento giusto per attuare le raccomandazioni che Bruxelles le fa da anni. Prima di tutto, bisogna intervenire per rendere la giustizia civile più efficiente, e così la pubblica amministrazione, la cui buona qualità è "essenziale" perché si possa fare buon uso dei fondi europei, ricorda la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La quale menziona un'altra debolezza del sistema italiano: "L'occupazione di donne e giovani è troppo bassa, tutti sappiamo che non si può costruire un'economia di successo senza di loro".