Più di quaranta deputati assenti perché in "isolamento fiduciario". E' la miccia che manda nel caos la maggioranza.
Dal governo negano problemi: le misure nascono dal confronto con il Parlamento e con le Regioni, che i ministri Boccia e Speranza torneranno a incontrare prima del varo del nuovo dpcm.
E non saranno diverse da quelle finora annunciate. Ma lo slittamento del voto alla Camera fa slittare il Cdm per la proroga dello stato d'emergenza. A ricasco, c'è l'ipotesi che il nuovo dpcm per prorogare le misure anti contagio non arrivi nelle prossime ore: potrebbe slittare ai giorni successivi o alla prossima settimana, per essere emanato al 15 ottobre. Da Palazzo Chigi assicurano che il problema è tecnico: se non si riuscirà a pubblicare il decreto "cornice" entro la mezzanotte del 7 ottobre, data di scadenza del precedente dpcm, si renderà necessario un dpcm "ponte" (o una norma del decreto legge) che proroghi le misure precedenti e introduca l'obbligo di mascherine all'aperto, per poi varare un nuovo dpcm più completo la settimana successiva. Ma sottotraccia con gli scienziati, le regioni e nello stesso governo si continua a discutere su eventuali nuove misure da introdurre a fronte della crescita della curva dei sondaggi: tra una settimana, se ci fosse un'impennata, potrebbero rendersi necessarie - osserva più di una fonte in maggioranza, nonostante le smentite del governo - le misure anti-movida e il "coprifuoco" alle 23 finora strenuamente negato.
Intanto sale l'allerta nelle Aule parlamentari. Dopo l'informativa del ministro Roberto Speranza sulle nuove misure, alla Camera - tra gli applausi dell'opposizione - manca due volte il numero legale (221 voti) necessario a rendere valida la votazione della risoluzione a sostegno delle misure del governo.
Un blitz del centrodestra mette a nudo le difficoltà a garantire le presenze in Aula. E fa sorgere, ammettono Emanuele Fiano per il Pd e Davide Crippa per il M5s, "un problema politico", mentre Roberto Giachetti di Iv derubrica l'episodio all'effetto di una "grave sciatteria". Il problema degli assenti "causa Covid" viene affrontata in serata in una riunione dei capigruppo e poi della giunta per il regolamento: la soluzione è considerarli in missione e non contarli così ai fini del numero legale. Così si risolverebbe il problema per le votazioni ordinarie ma non per quelle in cui serve la maggioranza assoluta, come quella sulla Nadef o sulla riforma costituzionale per il voto ai 18enni: di qui la richiesta del voto da remoto su cui il deputato del Pd Stefano Ceccanti ha raccolto 104 firme a sostegno. Ma il nodo è anche politico. Si scandagliano le assenze ingiustificate, alla ricerca di segnali di dissenso, soprattutto tra le fila M5s ("E' un pizzino di Di Battista al governo", sostiene da Fi Sestino Giacomoni). Dall'opposizione Matteo Salvini parla di "minoranza di governo", Giorgia Meloni di "maggioranza in frantumi", mentre Fi con Maria Stella Gelmini invoca la presenza del premier Giuseppe Conte in Aula.
I numeri, dunque: ci sono 56 assenze ingiustificate nella prima votazione e 36 nella seconda. Più 44 deputati assenti perché in attesa del tampone effettuato ieri dopo il contatto con colleghi positivi ("Non è possibile pagare il rispetto delle regole", lamenta Graziano Delrio). Nella prima votazione in maggioranza risultano essere assenti ingiustificati in tutto 90 deputati (10 di Iv, 3 di Leu, 48 di M5s e 29 del Pd) ai quali andrebbero sottratti i 44 in quarantena. Nella seconda votazione effettuata dopo un'ora accorrono alcuni ministri e sottosegretari (come Gualtieri e Di Maio) ma il quorum manca per 8 voti: gli assenti totali non giustificati sono 80 (10 di Iv, 2 di Leu, 41 di M5s e 27 del Pd) che scendono a 36 scomputando i deputati in confinamento obbligatorio. Al Senato il voto sulla risoluzione che dà il via libera alle misure annunciate dal governo passa con 138 voti favorevoli, 2 contrari e 12 astenuti, con l'assenza del centrodestra. L'allerta, per i prossimi giorni, è massima.
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