Nelle ore in cui Mario Draghi prepara il discorso sulla fiducia che pronuncerà mercoledì in Parlamento, la sua larghissima maggioranza è già solcata da conflitti, accuse reciproche, distinguo. E Fratelli d'Italia delibera all'unanimità che voterà no alla fiducia.
L'invito al silenzio rivolto in Cdm dal presidente del Consiglio mirava proprio a sminare possibili polemiche prima del voto di fiducia. Alle Camere sarà il premier a indicare infatti la via di una collaborazione in nome del comune impegno a superare le emergenze del Paese.
Intanto si prova a comporre il complicato rebus dei sottosegretari. Draghi lavora per tutto il giorno a Palazzo Chigi, dove viene visto entrare il ministro per l'innovazione tecnologica Vittorio Colao oltre al capo della Polizia Franco Gabrielli.
Nel governo e nella maggioranza si infiamma il dibattito sulle misure anti Covid, nonostante da Palazzo Chigi trapeli che la decisione di chiusura con gli impianti è stata concordata dal premier con il ministro della Salute Roberto Speranza. Ci sono i nodi del ruolo di Domenico Arcuri e della composizione del Cts, fatti bersaglio da Fi e Lega. Ma nulla trapela da Palazzo Chigi, anche se nel merito delle scelte in ambienti di governo si fa notare che alla base di decisioni assai delicate, come quella di un eventuale lockdown, non potrà non esserci innanzitutto una valutazione tecnica, dettata dagli esperti, più che politica.
Coesione, è la parola che Draghi ha usato nelle consultazioni con i partiti. Collaborazione, è la richiesta rivolta ai suoi ministri. Del resto le priorità già poste dal premier al centro della sua azione, dai vaccini alla scuola, dal lavoro all'ambiente, corrispondono ad altrettante emergenze del Paese, che è urgente affrontare, anche attraverso una sostanziale riscrittura del Recovery plan.
Ci sono 40 deleghe da assegnare, incluse quelle pesanti ai Servizi segreti, che Draghi potrebbe tenere per sé, e agli Affari europei. Ad alcune figure tecniche potrebbero andare incarichi come quello dell'editoria, dove si fa anche il nome di Mauro Masi, o della riforma del fisco (si parla di Ernesto Ruffini viceministro all'Economia). A seconda di quante caselle il premier terrà per i tecnici, dovrebbe essere calcolato il 'cencelli' dei partiti, che dovrebbero indicare al premier i loro potenziali nomi.
L'ipotesi è che circa 12 sottosegretari vadano al M5s, 8 alla Lega, 6 o 7 a Pd e Fi, 1 o 2 a Iv o Leu. Tra i Dem c'è il pressing per una presenza numerosa di donne, con l'impegno di Zingaretti a mantenerlo e la difficoltà a conciliarlo con la possibile conferma di figure come i viceministri Antonio Misiani e Matteo Mauri all'Interno. Nel M5s si spinge per deleghe in ministeri che si occupano del Recovery e si parla dell'ipotesi che Vito Crimi vada alla Giustizia, Carlo Sibilia venga confermato all'Interno, Laura Castelli all'Economia. Nella Lega tornano nomi come Nicola Molteni, Stefano Candiani, Durigon, Barbara Saltamartini. In Fi si citano per lo più senatori come Pichetto Fratin, Caliendo, Malan, per riequilibrare tutti ministri-deputati. A Palazzo Chigi intanto inizia a insediarsi lo staff del premier.
Arriva come capo di Gabinetto Antonio Funiciello e viene confermato Roberto Chieppa come segretario generale. Non c'è ancora ufficialmente un portavoce ma nello staff dovrebbe comparire la capo della comunicazione di Bankitalia Paola Ansuini. sarebbe stato contattato - si racconta - anche Ferruccio De Bortoli.
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