Sale sempre di più lo scontro tra l'Ungheria di Victor Orban e Bruxelles. La Commissione europea non solo si appresta ad aprire una procedura d'infrazione per la legge anti-Lgbtq che Budapest non vuole cambiare, ma ora sarebbe anche pronta a bloccare il suo Recovery plan, tenendo in stand by i sette miliardi che chiede, probabilmente in attesa di un'apertura del governo sui diversi fronti di scontro aperti con la Ue.
"La Commissione europea valuta se questo offra garanzie sufficienti" anche sui beneficiari. Se non lo fa, "il piano viene rigettato", aveva detto una portavoce rispondendo proprio a una domanda sull'Ungheria. Bruxelles deve esprimersi sul Pnrr ungherese entro lunedì 12 luglio. Il caso era già stato sollevato dal presidente del gruppo di Renew Europe al Parlamento europeo, Dacian Ciolos, che in un lettera inviata alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen chiedeva di "non dare il via libera al piano" per il Recovery "di Orban", congelando i 7 miliardi destinati a Budapest, fino a quando non siano state soddisfatte una serie di condizioni come l'accesso all'elenco dei beneficiari finali del denaro del Pnrr all'ufficio antifrode Ue (Olaf). Ciolos sottolineava come "la corruzione nell'Ungheria di Viktor Orban è endemica e sistemica", un problema sollevato più volte dalla stessa Commissione europea. Ma la possibilità di bloccare i fondi di Budapest a causa del rischio corruzione si lega inevitabilmente all'altro scontro in corso con Bruxelles, quello sui diritti Lgbtq. La Commissione europea sta già lavorando ad una lettera di messa in mora per la legge che caparbiamente Orban si rifiuta di cambiare, nonostante le accesissime critiche ricevute da tutti gli altri leader europei anche durante un confronto molto aperto nell'ultimo vertice europeo. La Commissione sperava di vedere un passo indietro, o almeno qualche modifica alla legge nata, secondo il governo, per proteggere i minori dalla propaganda gay. Ma dopo la richiesta ufficiale di chiarimenti, Bruxelles ha fatto sapere di non essere soddisfatta, e salvo cambiamenti di rotta da parte del governo di Orban, l'apertura di una procedura di infrazione appare inevitabile. "Non resteremo a lungo senza agire", aveva detto un portavoce qualche giorno fa.
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