Il premier Mario Draghi tira dritto sull'aumento delle spese militari al 2% del Pil nel rispetto degli impergni Nato e ottiene il sostegno del Quirinale dopo un colloquio al Colle con Sergio Mattarella. Forte anche dell'asse con il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio affonda con decisione i suoi colpi chiarendo che non ci si può sottrarre agli impegni con la Nato, pena il far venir meno il patto che tiene in piedi la maggioranza. Un messaggio forte, indirizzato a tutta la coalizione di governo e soprattutto al movimento 5 stelle. Il capo delo Governo fa filtrare da Palazzo Chigi questa linea dopo aver visto in serata il presidente della Repubblica: incontro preceduto dal faccia con Giuseppe Conte, Draghi sale al Colle nel tardo pomeriggio per aggiornare il capo dello Stato sulla vicenda delle spese militari, che da giorni surriscalda il dibattito politico. Sfumata la possibilità di un accordo tra i partiti sull'aumento delle risorse per la difesa, il governo si prepara dunque a blindare con la fiducia il dl Ucraina nell'Aula del Senato.
Ma lo scontro deflagra nelle commissioni dove l'esecutivo accoglie l'ordine del giorno di FdI sul raggiungimento della soglia del 2% per la difesa, che quindi non viene votato. I senatori pentastellati, che erano decisi ad esprimersi contro la proposta di Fratelli d'Italia però non ci stanno e definiscono "inaccettabile" la scelta del governo. Conte ne parla con Draghi a Palazzo Chigi: un colloquio di un'ora e mezza, molto teso, a quanto si racconta in ambienti parlamentari,al termine del quale il leader del Movimento chiarisce che una crisi di governo non è all'orizzonte, ma "abbiamo diritto ad essere ascoltati". Il segretario del Pd Enrico Letta segue gli eventi con preoccupazione. Il leader di Iv affonda: "Draghi è uno statista, Conte è un populista. Noi stiamo con Draghi e l'Italia". Al netto di singoli voti discordanti o colpi di scena, i 5 stelle in Senato dovrebbero comunque dire sì alla fiducia sul dl Ucraina. Ma il leader dei pentastellati avverte: "Nel Def non ci siano fughe in avanti" sull'aumento delle spese militari.
Uno scoglio al momento allontanato in quanto il documento di economia e finanza, inizialmente previsto in Cdm giovedì, arriverà sulmtavolo diPalazzo Chigi solo il 5 o il 6 aprile dopo la mesdsa a punto del Mef e della ragioineria. . Per stilare previsioni più accurate si è deciso di attendere il dato Istat sul Pil che sarà diffuso martedì prossimo. Ma lo slittamento a questo punto serve anche a stemperare l'accesso clima politico sull'aumento delle spese militari. A dare il senso della decisione con cui Palazzo Chigi sta affontando questo argomento c'e'0 anche la decisione di divulgare i dati sul bilancio della difesa sotto i governi Conte.e "inel 2018 registrava circa 21 miliardi, nel 2021 24,6 miliardi, "un aumento del 17%", numeri messi a paragone con l'incremento del 5,6% tra il 2021 e il 2022. Con la fiducia che dovrebbe blindare il provvedimento giovedì in Senato, lo scontro si consuma intanto nelle due commissioni di riferimento: Esteri e Difesa. "È inaccettabile che il governo abbia deciso di accogliere l'ordine del giorno di FdI malgrado la forte contrarietà della principale forza di maggioranza. Malgrado la nostra insistente richiesta, la presidente della commissione Difesa Roberta Pinotti non ha voluto metterlo ai voti. Di cosa ha paura?", tuonano la vicepresidente del M5S Paola Taverna e i senatori Vito Crimi, Gianluca Ferrara, Ettore Licheri, Andrea Cioffi e Gianluca Castaldi. Esulta il partito di Giorgia Meloni: "L'obiettivo politico per noi è stato raggiunto". E il presidente dei senatori di FdI Luca Ciriani si rivolge tra le righe a M5s e LeU insinuando il dubbio anche sull'esito del voto di fiducia in Aula : "Chi voleva il voto dell'odg si deve chiedere se voterà il decreto o meno...".
In serata poi Conte registra: "Draghi ha tenuto a dire che è importante rispettare gli impegni Nato: io ho spiegato che non ho mai messo in discussione il tendenziale al 2% come non è stato messo in discussione dai premier precedenti. Però se noi ci diciamo questo orizzonte del 2024, avremo un picco notevole: si tratta di 15 miliardi e, francamente, credo che i cittadini e il Paese adesso abbiano altre priorità. Questo non significa dire che l'Italia non rispetta gli accordi. Questo non verrà detto e io stesso non l'ho detto". Così il leader M5s Giuseppe Conte a Di Martedì, su La7.
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