Sarà il Senato a valutare se le frasi, pubblicate sui social, con cui Matteo Salvini, nell'estate di tre anni fa, ha definito l'allora comandante della Sea Watch 3, Carola Rackete, "sbruffoncella che fa politica sulla pelle di qualche decina di migranti" o "ricca tedesca fuorilegge", siano o meno coperte dall'insindacabilità per via del suo ruolo di senatore e, ai tempi, di ministro dell'Interno.
A deciderlo è stato il giudice del Tribunale di Milano, Maria Burza, che ha recepito una delle questioni preliminari avanzate dal legale di Salvini, Claudia Eccher, e ha quindi trasmesso Palazzo Madama gli atti del processo in cui il leader della Lega è accusato di diffamazione aggravata nei confronti dell'attivista 34enne.
"Sono soddisfatta in quanto è stata accolta la nostra questione preliminare - ha commentato il difensore dell'ex ministro dell'Interno -. Era un atto dovuto da parte del giudice. E' stata una decisione corretta". Non così per il legale di Rackete, Alessandro Gamberini: "Esprimiamo il nostro radicale dissenso per questa decisione, perché quelle espressioni nulla avevano a che vedere col ruolo di parlamentare di Salvini, sia per i modi utilizzati che per i contenuti".
In aula, poco prima della lettura dell'ordinanza, è stato ventilato un timido tentativo di conciliazione. Ieri, infatti, l'ambientalista, tramite il suo avvocato, ha depositato una memoria in cui ha manifestato l'intenzione di rimettere la querela nei confronti del segretario del Carroccio a fronte di una lettera di scuse e di un risarcimento. Una proposta rimasta in sospeso, sia perché l''avvocato Eccher non aveva ancora avuto tempo di illustrarla al suo cliente sia perché entrambe le parti hanno fatto presente di non credere che si possa arrivare a una ricomposizione.
Il procedimento è nato in seguito a una querela della comandante della nave 'armata' per salvare i migranti in mare. Tra le dichiarazioni incriminate, rese in dirette Facebook e via post su Twitter tra giugno e luglio 2019, ci sono anche "ricca e viziata comunista" e "criminale tedesca".
Per il pm Giancarla Serafini, come aveva detto nell'udienza in cui la difesa aveva posto le questioni preliminari tra cui quella accolta oggi, quelle di Salvini "non sono frasi che attengono a un discorso di politica, anche del Ministero dell'epoca, ma veri e propri attacchi alla persona, alla sua dignità, espressioni di denigrazione. E' stata un'aggressione diretta alla persona". Ora, mentre il dibattimento è 'congelato', la parola passa al Senato.
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