Archiviata la sua prima legge di bilancio, il governo riprende in mano il dossier riforme. Giorgia Meloni ne assume la regia (collegiale), è il mantra che si ripete a Palazzo Chigi - e assicura che sull'autonomia differenziata l'intento è "arrivare, in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, all'approvazione del disegno di legge" (potrebbe essere anche prima delle regionali di febbraio) e che sul presidenzialismo si va avanti con un cronoprogramma.
L'esecutivo si ritrova in serata in un vertice ristretto tra la premier, i suoi vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Calderoli, Casellati, Fitto e Lollobrigida. Dura circa un'ora e mezza. Un incontro programmatico, niente di politico, è la vulgata ufficiale. E il clima - registra poi una nota di Palazzo Chigi - è di "grande sintonia, in linea con gli impegni assunti con gli italiani e definiti nel programma di coalizione". Anche dalla Lega, nel pomeriggio, l'aspettativa è per un confronto "interlocutorio", nessuna critica. In realtà nella maggioranza corre voce che il vertice era previsto da tempo, ma centrato sull'autonomia. Poi probabilmente, complice il recente pressing del partito di via Bellerio sulla sua riforma-bandiera rispetto al presidenzialismo ("Per noi viene prima perché ha un iter legislativo più semplice"), si è deciso di allargare la discussione e gli ospiti al tavolo. Un altro modo - sostenuto soprattutto da Fratelli d'Italia - per riequilibrare le due partite affinché la bilancia non penda troppo sull'autonomia. A maggior ragione a un mese dalle regionali in Lombardia. Qui il sospetto degli aleati è che i leghisti, temendo un flop in casa a vantaggio di FdI, cerchino di usare la riforma come promessa elettorale. Il vertice diventa, dunque, l'occasione per ribadire che il presidenzialismo è nel programma del centrodestra tanto quanto l'autonomia, che entrambe le riforme vanno avanti (ovviamente con tempi diversi, in base alla loro diversa natura legislativa) ma serve equilibrio. In altre parole, nessuna fretta. Il riferimento implicito è alla bozza di riforma avanzata da Calderoli a fine dicembre e in attesa di approvazione dal Consiglio dei ministri. Non è un mistero che la Lega sogni un'accelerazione - proprio perché non servono i quattro step delle leggi costituzionali, necessari per il presidenzialismo - e che FdI e Forza Italia frenino. Adesso l'impegno del governo è affrontare il dossier autonomia, anche se non indica espressamente quando. Alcuni partecipanti alla riunione ammettono che lo spirito sia di collaborazione e che c'è disponibilità dalla Lega. Perciò non escludono che si possa davvero arrivare a un ok sulla 'bozza' Calderoli prima delle elezioni del 12 febbraio, purché si raggiunga un'intesa di massima che soddisfi tutti. Del resto circola voce che gli uffici legislativi di Palazzo Chigi siano al lavoro per correggere il testo di Calderoli. Soprattutto per rimarcare il ruolo del Parlamento che, nelle intenzioni dei vertici dell'esecutivo, è imprescindibile per definire i Lep, i Livelli essenziali di prestazione, cruciali per evitare squilibri fra le regioni e quindi arrivare all'autonomia. Nel frattempo prosegue la marcia per la svolta presidenzialista. Casellati ha chiuso il cerchio con le forze di maggioranza, incontrando il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi. L'ex ministro rimarca l'imprescindibilità del dialogo con le opposizioni e lo strumento della Bicamerale e mette in guardia dal rischio 'fretta' sull'autonomia. Nelle prossime ore parte il confronto con le opposizioni, e si comincia con il Terzo polo di Carlo Calenda.
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