"Se lasciassimo il superbonus così com'è, non avremmo i soldi per fare la finanziaria". Giorgia Meloni riemerge dalla "fastidiosa influenza" e usa la sua consueta rubrica social 'Gli appunti di Giorgia' per difendere l'intervento del governo sui bonus edilizi, che negli ultimi giorni ha mandato in subbuglio il mondo dell'edilizia, creando anche significative fibrillazioni nel centrodestra.
Tensioni per ora contenute dall'intervento di Silvio Berlusconi, che ha definito "giustificato e forse inevitabile il percorso del governo per evitare danni al bilancio dello Stato, che potrebbero addirittura portarci ad una situazione di default". Pur aggiungendo che "il Parlamento sovrano discuterà il decreto, e, nei tempi richiesti, ove lo ritenesse opportuno, potrà apportare utili modifiche". Cambiamenti sono "indispensabili", in Forza Italia lo dicono chiaro e tondo: gli azzurri hanno anche chiesto l'apertura di un tavolo di maggioranza prima che il decreto legge, varato all'unanimità giovedì dal Consiglio dei ministri, inizi l'iter di esame parlamentare in commissione alla Camera. L'ipotesi, è il ragionamento che si fa in FdI, sarà approfondita dopo il confronto in programma domani a Palazzo Chigi fra il governo e le parti interessate. A nessuno conviene uno scontro interno come sulle accise.
"Vogliamo spingere - ha chiarito Meloni - le banche e tutti gli attori che possiamo coinvolgere ad assorbire i crediti che sono incagliati, che nessuno vuole prendere. E abbiamo definito meglio la responsabilità di chi deve prendere quel credito". Negli incontri con l'Associazione delle banche, Cdp, Sace e le varie categorie del mondo dell'edilizia saranno probabilmente messe sul tavolo due strade, la cartolarizzazione o le compensazioni tramite i modelli F24 presentati in banca. La prima, al momento, sembra più complicata della seconda. Con alle spalle lo sfondo domestico di un salotto, e indosso un informale maglione blu Tiffany, dopo aver annullato per la febbre tutti gli impegni settimanali, Meloni intanto ha riaperto il quaderno degli appunti partendo dal successo alle Regionali in Lazio e Lombardia.
"Un segnale sul consenso attorno lavoro del governo", ha sottolineato senza sorvolare sull'astensionismo: "Ogni cittadino che decide di non partecipare al voto è una sconfitta per la politica". C'è chi collega questo trend a una politica che dà sempre meno certezze, anche sul fronte del superbonus, modificato almeno una dozzina di volte negli ultimi anni. Nel suo monologo social, per la premier era fondamentale spiegare all'opinione pubblica che la nuova stretta sulla cessione dei crediti, "che attualmente hanno un costo totale di 105 miliardi", era necessaria "per sanare una situazione fuori controllo" e non certo per danneggiare imprese e cittadini.
Perché il sistema era "scritto male", concetto su cui insisteva anche Mario Draghi. Meloni ha puntato su alcuni numeri per rendere l'idea: "Il Superbonus è costato a ogni singolo italiano circa 2mila euro, anche a un neonato o a chi una casa non ce l'ha. Non era gratuito, il debitore è il contribuente italiano". A inizio febbraio in audizione in commissione, il direttore generale delle Finanze del Mef, Giovanni Spalletta, aveva indicato in 110 miliardi il costo dei bonus, 37,7 miliardi più delle previsioni. Stima che salirebbe a 120 miliardi con gli ultimi dati. Da qui il costo medio pro-capite citato da Meloni, che attacca pure sulle "moltissime truffe, per circa 9 miliardi di euro". In questo contesto, la premier ha sottolineato che "il superbonus continua a generare 3 miliardi di crediti al mese: se lo lasciassimo fino a fine anno, non avremmo i soldi per fare la finanziaria. Altro che taglio del cuneo fiscale, scordiamoci tutto". Queste sono le basi su cui Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti hanno puntato sul decreto per vietare il ricorso alla cessione dei crediti o allo sconto in fattura per i nuovi interventi e bloccare l'acquisto da parte degli enti pubblici dei crediti incagliati. Ora, per "mettere tutto su un binario sensato ed evitare il tracollo delle aziende" si apre il confronto con le parti: Palazzo Chigi e Mef, è la linea, vaglieranno tutte le proposte. Per il leghista Alberto Bagnai l'obiettivo è "una copertura all'acquisto dei crediti delle famiglie e delle imprese, consentendo il completamento dei lavori avviati. È presto per dire con quale strumento specifico".
Leggi l'articolo completo su ANSA.it