Politica

La riforma delle finanze tra le priorità del papato di Francesco

Anche gli scandali affrontati con determinazione senza precedenti

Una veduta della Basilica di San Pietro

Redazione Ansa

   Insieme alla lotta alla piaga degli abusi, la riforma del sistema economico-finanziario vaticano - che nell'arco di dieci anni, lo si può dire, ha rivoltato come un guanto - è stata fin dall'inizio una delle priorità del pontificato di Francesco, sempre rispettando il mandato conferitogli dal Collegio cardinalizio nelle "congregazioni generali" pre-Conclave. La necessità di porre fine una volta per tutte agli scandali e alle disinvolture gestionali del passato, che hanno favorito anche una crisi senza precedenti nelle casse d'Oltretevere, ha ispirato una serie di riforme radicali, portando avanti e accentuando il cammino verso la "trasparenza" finanziaria, contro ogni corruzione e ogni forma di riciclaggio, già avviato dal predecessore Benedetto XVI.

    Ciò non ha impedito a Francesco di dover fronteggiare anche lui ulteriori scandali - da quello sulla divulgazione dei documenti riservati, a quello sulla vendita degli immobili dello Ior, fino all'ultimo, sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e dell'Obolo di San Pietro -, affrontati però con una determinazione e una severità, anche qui, senza precedenti nel passato, senza immunità per nessuno: tanto che, ad esempio, si è visto finire alla sbarra in Tribunale, come mai avvenuto prima, non solo un ex presidente della "banca vaticana", ma persino un cardinale.

    A partire dal 24 febbraio 2014, quando ha creato la Segreteria per l'Economia - affidata al cardinale australiano George Pell -, il Consiglio per l'economia e l'Ufficio del revisore generale, con il compito di armonizzare le politiche di controllo sulla gestione economica della Santa Sede e della Città del Vaticano, si è quasi perso il conto dei provvedimenti di Bergoglio in materia finanziaria e amministrativa, al fine di razionalizzare e tenere sotto stretta vigilanza bilanci di dicasteri ed enti, spese, appalti, conflitti d'interessi, rispetto degli standard contabili internazionali e delle norme anti-riciclaggio.

    Un'opera che è continuata ininterrottamente per tutto il decennio, confluendo anche nella costituzione apostolica Praedicate Evangelium che ha riformato al Curia, e che prosegue tuttora.
    Si pensi solo al "pacchetto" di misure emanato da Francesco tra il gennaio e il febbraio di quest'anno, tra cui quella che ha avuto più clamore mediatico e tra i settori conservatori della Curia, è il Rescritto del 13 febbraio, abrogante tutte le norme che hanno finora permesso l'uso gratuito o a condizione di favore degli immobili di proprietà delle Istituzioni Curiali e degli Enti che fanno riferimento alla Santa Sede ai cittadini vaticani (all'incirca 700 persone) e a chi vi abita, imponendo un affitto pari a quello pagato da chi usufruisce degli appartamenti vaticani senza ricoprire un ruolo in qualche modo direttivo. La misura si applica dunque a cardinali, arcivescovi, vescovi, presidenti e segretari di Dicasteri, dirigenti del Tribunale della Sacra Rota e altri.

    Al di là delle critiche degli ambienti conservatori, abituati a una visione del Vaticano come di uno Stato elitario, quasi fosse il Principato di Monaco, si tratta ancora di una misura di razionalizzazione del comparto economico-finanziario, al fine di destinare più risorse al Servizio Universale della Chiesa e ai poveri, in un contesto economico di particolare gravità.

    La destinazione universale del Beni ecclesiastici è stata poi fortemente rilanciata, dal "Motu proprio" del 24 febbraio, ribadendo che tutti i beni, mobili e immobili, inclusi i titoli e le disponibilità liquide, sono beni pubblici ecclesiastici, e come tali sono di proprietà della Santa Sede. Chi li gestisce, ricorda il Papa, ne è soltanto amministratore e non proprietario. Altra riforma, entrata in vigore dallo scorso 31 gennaio, è quella del Vicariato di Roma, che Francesco ha profondamente riorganizzato, rendendolo più collegiale e più legato al papa. E istituendo un Organismo indipendente di sorveglianza, per verificarne e regolarizzarne soprattutto le attività economico-finanziarie. Infine, proprio in questi giorni, il nuovo Statuto dello Ior, delineando meglio i confini tra i vari organismi interni, soprattutto le aree di competenza tra il Consiglio di Sovrintendenza e la figura del direttore generale che ne esce rafforzato. 

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