Politica

Meloni blinda Delmastro, 'poche toghe ci attaccano'

'La riforma? Nessun contrasto con Letta. Mercato tutelato? Il Pd si scusi'

Redazione Ansa

 La magistratura e le riforme. Lo "scontro" tra poteri, che non c'è. Mentre solo una "piccola parte" delle toghe sarebbe "fuori dalle righe". Giorgia Meloni da Dubai blinda, usando poche parole, Andrea Delmastro, e risponde con nettezza alle polemiche che la rincorrono da giorni. Il tutto dopo che Guido Crosetto ha evocato una sorta di opposizione giudiziaria al governo. E dopo che Gianni Letta ha agitato la maggioranza (e Forza Italia) con il suo invito a non toccare i poteri del presidente della Repubblica.
Il quarto d'ora che passa con la stampa italiana, dopo due giorni di bilaterali e interventi alla Cop28, inevitabilmente si concentra sulle problematiche interne. Sul caso del sottosegretario spiega: "aspettiamo la sentenza passata in giudicato". E in questo modo respinge al mittente le richieste di dimissioni delle opposizioni e le accuse che si aggiungono nei suoi confronti: con il Gup che segnala, come emerge dalle carte, che i documenti passati dal sottosegretario al collega di partito Giovanni Donzelli erano a "limitata divulgazione" per "ragioni di "ordine e sicurezza pubblica".
IL cuore del ragionamento di Meloni si concentra sulle tensioni con la magistratura dopo l'intervista del ministro della Difesa (Magistratura democratica parla di "aggressione ingiustificata" da parte del governo) che Meloni non sconfessa.
Anzi. "Per chi viene da destra", la premessa, "chi serve lo Stato è sempre un punto di riferimento" ma che non ci sia uno "scontro" non significa "non segnalare" parole che "vanno bene per la politica" ma arrivano da "una piccola parte della magistratura" che ritiene "che i provvedimenti di alcuni governi che non sono in linea con una certa visione del mondo debbano essere contrastati". Pensa alle decisioni del tribunale di Catania sui migranti, la premier, ma anche agli "attacchi alla magistratura" di cui parla l'Anm, alla "deriva antidemocratica" di cui è tacciata la riforma costituzionale.
Riforma che ha subito anche il fuoco amico dello storico braccio destro di Silvio Berlusconi. Ma, getta acqua su questo fuoco la presidente del Consiglio: quelle di Gianni Letta non sono state parole di "contrasto", seppure non condivisibili appieno. Perché il premierato rafforza il governo ma non sul fronte dei "poteri" ma su quello della "stabilità", per evitare di "devastare" il Paese come accaduto finora con gli esecutivi a orizzonte ridotto.
E' tutta all'attacco, invece, la difesa dell'azione dell'esecutivo sulla questione delle bollette, altra grana lasciata in Italia: la fine del mercato tutelato, alza la voce la premier, l'hanno voluta "nel 2017 i governi Renzi e Gentiloni", quindi semmai è "il Pd" a dover chiedere "scusa".
Anche perché ora il governo ha le mani legate dal fatto che lo stop alle tutele è diventato obiettivo del Pnrr e "della terza rata", già incassata. Rimane l'obiettivo di "evitare che le bollette aumentino" e su questo, assicura, "siamo concentrati".
Anche se non sembrano al momento esserci molti margini con la Commissione. Con Bruxelles, peraltro, sono ore "delicate" anche per la riforma del Patto di Stabilità: meglio evitare "di commentare ora", dice scaramanticamente la premier, limitandosi a ricordare che serve un punto di caduta che sia "possibile rispettare".
Lo stesso concetto che va applicato anche alla transizione green e che Meloni ha ripetuto in plenaria alla Cop. Serve una "transizione ecologica e non ideologica", agire "con pragmatismo", come sta facendo l'Italia che spinge, tra l'altro, su rinnovabili e "biocarburanti". Più complicato pensare invece di lanciarsi ora sul nucleare, il ragionamento della premier che frena, di fatto, gli entusiasmi di Forza Italia per la spinta all'energia atomica arrivata proprio da Dubai. Serve per garantire "l'indipendenza energetica" dicono gli azzurri. Certo, non ci sono "preclusioni" ma ora si rischierebbe di essere in ritardo. Meglio invece puntare sulla "fusione", lancia la palla più in là Meloni. Quella è la vera sfida strategica e di lungo periodo. Perché è su quello che si pesa "il valore delle nostre leadership", come ha ricordato ai colleghi nel suo intervento citando Warren Buffet e la sua celebre frase sull'ombra sotto cui ci si siede oggi grazie a "qualcun altro che ha piantato un albero tanto tempo fa". 

 

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