Prima l'abbraccio con Matteo Salvini ai banchi del governo. Poi la difesa della posizione "chiara" dell'esecutivo sull'Ucraina, perché "contano le decisioni e i voti". Giorgia Meloni usa le comunicazioni alla Camera, alla vigilia della due giorni del Consiglio europeo, per assicurare che le prese di posizione del segretario leghista sulle elezioni russe non intaccano la coesione della coalizione, mentre è nel campo largo che ci sono "ambiguità".
Dopo aver solo sfiorato il tema ventiquattro ore prima in Senato, dove il suo vicepremier era assente, a Montecitorio risponde alle accuse delle opposizioni durante il dibattito - a cui il leader leghista assiste per una decina di minuti - in cui non mancano scintille con i deputati di centrosinistra. Soprattutto quando la premier accantona le formalità e si rivolge a loro con un "ragazzi". Ma anche quando Elly Schlein la definisce "incoerente su tutto", e le chiede di pretendere dal Cairo gli indirizzi degli 007 imputati per l'omicidio di Giulio Regeni. O quando Giuseppe Conte la accusa di "portare l'Italia alla terza guerra mondiale".
L'unico momento di applausi condivisi in Aula è quando Meloni prende la parola per la sua replica, e ricorda l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin 30 anni fa a Mogadiscio, sottolineando che la giornalista del Tg3 per il suo coraggio "merita la gratitudine di tutti, in particolare delle donne".
L'istantanea simbolo della giornata resta invece quella di Salvini e Meloni che si abbracciano sorridenti. È l'immagine di un centrodestra che "è una love story di 30 anni, che non va mai in frantumi", sostiene l'altro vicepremier Antonio Tajani, le cui parole nei giorni scorsi sono apparse in antitesi rispetto a quelle del leghista ("Quando un popolo vota ha sempre sempre ragione"). Nelle stesse ore la Lega ottiene dal governo il ritiro della procedura d'urgenza sul disegno di legge sulla cybersicurezza, che alla Camera rischiava di rallentare l'iter dell'Autonomia.
La narrazione sulla compattezza della maggioranza è però contestata dalle opposizioni. In testa il Pd, che esorta la presidente del Consiglio a parlare con Salvini e Viktor Orban per chiarire il sostegno a Kiev. E qui lei alza i toni.
Sottolinea che "in entrambi i casi contano le decisioni e i voti". Che quando Mario Draghi si presentava al Consiglio europeo la sua "variegata maggioranza" gli garantiva risoluzioni "lontane anni luce da quelle che oggi vengono scritte e lavorate da tutta la maggioranza". E che c'è "ambiguità" nel Pd, "che spiega a noi cosa dobbiamo fare e poi si astiene sull'invio delle armi all'Ucraina". Una falsità, per i dem: "Dall'aggressione russa, non ci siamo mai astenuti sull'invio delle armi".
Meloni si rivolge al Pd anche per respingere l'equazione fra il presidente egiziano e quello russo, eletti entrambi con un plebiscito, sostenuta però dal M5s. "Fermo restando che secondo me si deve parlare con tutti, c'è differenza fra Abdel Fattah al-Sisi e Valdimir Putin. Putin ha invaso una nazione vicina", afferma la premier, prima di affrontare il capitolo Medio Oriente. Lo fa partendo dalla "preoccupazione" per la scelta del Senato accademico dell'Università di Torino di non partecipare al bando per la cooperazione scientifica con Israele "dopo un'occupazione da parte dei collettivi: se le istituzioni si piegano a questi metodi rischiamo di avere molti problemi".
Per la presidente del Consiglio c'è "il timore di un crescente isolamento di Israele", a cui ribadisce la "contrarietà a un'operazione militare di terra a Rafah che potrebbe avere effetti catastrofici". Su quelli già evidenti a Gaza rivendica l'intervento umanitario del governo. E alla sollecitazione di Nicola Fratoianni a sbloccare i fondi per l'Unrwa replica che non accadrà "finché non è stata fatta piena luce sull'utilizzo delle risorse". L'impegno italiano, spiega, punta a "fare in modo che il Consiglio Ue possa terminare con una posizione chiara sulla questione palestinese", dopo le "molte divergenze" dell'ultima riunione. (ANSA).