Dopo la rinuncia all'ultimo momento venerdì sera a presenziare alla Via Crucis al Colosseo, stanco per la lunga Celebrazione della Passione in Basilica e soprattutto desideroso di non esporsi al freddo e all'umidità serali, papa Francesco ha presieduto come previsto la Veglia pasquale a San Pietro. Pur con la voce a tratti flebile e dall'andamento un pò faticoso, ha anche letto la sua omelia, in quella che peraltro è la celebrazione più lunga e solenne dell'intero anno liturgico. Un ulteriore segno positivo, in questo 'complicato' Triduo pasquale per il Pontefice, di quelli che in questi giorni ognuno è pronto a cogliere per valutare il suo stato di "affaticamento" o di buona salute.
La liturgia del Sabato Santo, in cui si celebra la Risurrezione di Cristo, prevedeva anche che si impartissero i sacramenti dell'iniziazione cristiana - battesimo, cresima e prima comunione - a otto catecumeni adulti: quattro italiani, due coreani, un giapponese e una albanese. E Francesco - giunto in sedia a rotelle e poi assiso sulla poltrona davanti all'Altare della Confessione (che è sovrastato dalle impalcature per il restauro del Baldacchino) - sembra aver retto bene alla lunghezza e alla complessità del rito. Il che fa ben sperare anche per gli ulteriori impegni che attendono il Papa a stretto giro: domattina alle 10.00 la messa della Domenica di Pasqua in Piazza San Pietro, e alle 12.00 il Messaggio pasquale e la Benedizione 'Urbi et Orbi' dalla Loggia centrale della Basilica.
Probabilmente la decisione di riposare venerdì sera, presa in extremis "per conservare la salute in vista della Veglia della Santa Messa della domenica di Pasqua", come ha comunicato la Sala stampa vaticana, ha deposto a favore di un minore stress fisico e di una migliore prevenzione dei malanni di stagione, che negli ultimi tempi hanno un po' perseguitato l'87/enne Pontefice. Del resto anche l'anno scorso Francesco aveva disertato la Via Crucis al Colosseo, causa il "freddo intenso", anche se con un maggior preavviso fin dal primo pomeriggio.
"A volte sentiamo che una pietra tombale è stata pesantemente poggiata all'ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnendo la fiducia, imprigionandoci nel sepolcro delle paure e delle amarezze, bloccando la via verso la gioia e la speranza", ha detto il Papa stasera nell'omelia.
"Sono 'macigni della morte' - ha sottolineato - e li incontriamo, lungo il cammino, in tutte quelle esperienze e situazioni che ci rubano l'entusiasmo e la forza di andare avanti: nelle sofferenze che ci toccano e nelle morti delle persone care, che lasciano in noi vuoti incolmabili; nei fallimenti e nelle paure che ci impediscono di compiere quanto di buono abbiamo a cuore; in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e non ci permettono di aprirci all'amore; nei muri di gomma dell'egoismo e dell'indifferenza, che respingono l'impegno a costruire città e società più giuste e a misura d'uomo; in tutti gli aneliti di pace spezzati dalla crudeltà dell'odio e dalla ferocia della guerra".
Secondo il Pontefice, "quando sperimentiamo queste delusioni, abbiamo la sensazione che tanti sogni siano destinati ad essere infranti e anche noi ci chiediamo angosciati: chi ci rotolerà la pietra dal sepolcro?".
Ma la Pasqua di Cristo è "la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza dentro le macerie del fallimento. È il Signore, Dio dell'impossibile che, per sempre, ha rotolato via la pietra e ha cominciato ad aprire i nostri sepolcri, perché la speranza non abbia fine". "Da quel momento - ha aggiunto -, se ci lasciamo prendere per mano da Gesù, nessuna esperienza di fallimento e di dolore, per quanto ci ferisca, può avere l'ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita". Da quel momento, "se ci lasciamo afferrare dal Risorto, nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potranno arrestare il nostro cammino verso la pienezza della vita".
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