Politica

Flick: 'La riforma non risolve i problemi della giustizia penale'

Giurista, doppio Csm rischia di consolidare autoreferenzialità pm

Giovanni Maria Flick

Redazione Ansa

 "Occorre prendere atto prima di tutto che il dibattito sulla separazione delle carriere in questo momento è estremamente polarizzato, alla luce del contesto della campagna elettorale. La proposta di modifica della Costituzione non risolverà i problemi della giustizia penale e forse occorre chiedersi quanto sarà effettivamente 'utile' per trovare soluzioni di risposta alle domande anche drammatiche che propone in questi tempi la crisi della giustizia". Così il giurista Giovanni Maria Flick commenta all'ANSA la riforma approvata dal consiglio dei ministri.


    "Il problema principale dell'esercizio delle funzioni requirenti - prosegue - è costituito dalle iniziative che in concreto vengono assunte da taluni pubblici ministeri, nell'applicazione dei poteri e delle facoltà previsti dalle norme processuali: penso all'abuso delle richieste di custodia cautelare; al ricorso ad iniziative di indagine invasive; allo sconfinamento del magistrato penale nell'ambito del merito amministrativo e - secondo alcune parti - del merito politico.


    Sono problemi che non si risolvono istituendo il 'Csm del pubblico ministero' e il 'Csm del giudice'. Mi chiedo anzi se la previsione di un Csm per la sola funzione requirente non rischia di portare ad un consolidamento di quella logica autoreferenziale che spesso motiva le iniziative del pubblico ministero; o se sia piuttosto necessario intervenire sulla formazione pratica del magistrato requirente; e sulla necessità del rispetto delle norme processuali che già prevedono l'obbligo per il pubblico ministero di ricercare - e tenere conto - delle prove a discarico".


    "Sembra invece opportuno - conclude l'ex ministro - mantenere la stessa composizione e proporzione fra togati e laici, con prevalenza della quota dei magistrati, trattandosi di organi di autogoverno della magistratura; e prevedere un'autonoma Alta Corte che eserciti la giurisdizione disciplinare, viste le vicende pregresse e la necessità di preservare l'autorevolezza dell'ordine magistratuale.
    La separazione delle carriere come tale - al di là di quello che possa essere in futuro il 'destino' di un pubblico ministero distaccato dal giudicante o di cui si tema un condizionamento politico nell'esercizio delle sue funzioni - non appare in contrasto con il principio della separazione dei poteri, come già rilevato dalla Corte costituzionale". 
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it