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Oliviero Toscani: 'Ho una malattia incurabile, non so quanto mi resta. Bisogna che chiami Marco Cappato'

Il fotografo racconta l'amiloidosi: "In un anno ho perso 40 chili"

CREDIT ELVIRA SERRA / CORRIERE DELLA SERA

Redazione Ansa

 Il fotografo della luce, del colore, della creatività, sempre fuori dagli schemi che ora anche nella malattia cerca la sua strada di denuncia. Oliviero Toscani ha lasciato tutti senza parole raccontando in un'intervista al Corriere della sera di avere un male incurabile, si chiama amiloidosi e non sa quanto tempo gli resta. "Certo che vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato - dice -, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel'ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo". Minaccia di andare verso la Svizzera, dove si trova ora anche una grande mostra che lo celebra proprio al Museum für Gestaltung di Zurigo dove aveva studiato subito dopo il liceo, alla Kunstgewerbeschule. 

 "Marco Cappato dopo aver letto la sua intervista gli ha mandato un messaggio con un abbraccio. Non mi risulta però sia stato chiamato per un atto di disobbedienza civile", spiega Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell'associazione Luca Coscioni. "È apprezzabile che abbia voluto rendere nota la sua situazione", spiega Gallo, e "potrebbe trovare la possibilità di un fine vita in Italia se rispetta determinate condizioni indicate dalla Consulta e dalle norme in vigore". Ma il medico che lo ha in cura, il cardiologo Michele Emdin, docente alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, dice che "è un vero guerriero contro la malattia'' e che la sua ''è una patologia faticosa per ogni paziente, si può curare e lui si sta curando con grande forza". Il guerriero di tante battaglie , che ad 80 anni se ne sentiva ancora 50 di meno, si è fermato nella casa di Casale marittimo in provincia di Pisa. "In un anno ho perso 40 chili. Neppure il vino riesco più a bere: il sapore è alterato dai medicinali", e aggiunge: ''è una nuova situazione che va affrontata - spiegando che si sta sottoponendo a una cura sperimentale -. La bellezza è che non ti interessano più patria, famiglia e proprietà, la rovina dell'uomo". 

 Chi gli è amico, come Michele Anzaldi, sottolinea: "anche quando apparentemente sembra dire di voler tirare i remi in barca, lancia una sfida, ti forza a riflettere anche se non eri propenso a farlo'', e lancia un appello: ''se fossi un dirigente del servizio pubblico, che grazie al canone non deve rincorrere la pubblicità, farei di tutto per averlo, per dargli uno spazio in cui capitalizzare la sua forza comunicativa, le sue idee". La forza delle idee appunto di un uomo che ha rivoluzionato il mondo della fotografia, ha scandalizzato e fatto discutere. Dai jeans di 'Chi mi ama mi segua' al bacio tra un prete e una suora, dai volti dei condannati a morte al corpo di una donna consumata dall'anoressia, tutte le sue campagne hanno lasciato il segno. In sessant'anni di carriera Oliviero Toscani - che il 28 febbraio ha compiuto 82 anni - ha lavorato in ogni luogo del mondo e per tutte le riviste più importanti. Migliaia di ritratti, milioni di immagini. Eppure lui non vuole essere ricordato per nessuna in particolare ma ''per l'insieme, per l'impegno. Non è un'immagine che ti fa la storia, è una scelta etica, estetica, politica da fare con il proprio lavoro''. 

 Nel 2022 è uscito il libro che già dal titolo la dice lunga sulla sua vita, ''Ne ho fatte di tutti i colori" (La Nave di Teseo pp.247 euro 18.00). Non ha mai abbandonato lo sguardo sul mondo che vorrebbe, quello che ci trascinava a immaginare fin dai tempi di Fabrica con i Benetton e di Colors, la rivista che anticipò l'impegno su tanti temi oggi attuali, dall'ambiente ai migranti, il razzismo. Nel suo carnet dei ricordi c'è di tutto, da John Lennon ad Andy Warhol, da Muhammad Ali a Lou Reed. Tra i personaggi da mettere nel suo album oggi vorrebbe Jannik Sinner ma non lo fotograferebbe sul campo da tennis: ''Si vede dallo sguardo che è un ragazzo profondo. Devi fermare quell'attimo lì negli occhi, esprime onestà e capacità. Sinner non è italiano, l'italianità è Fabrizio Corona, è imbrogliona, mafiosa''.
Di morire non ha paura, "basta che non faccia male. E poi ho vissuto troppo e troppo bene, sono viziatissimo". Però qualcosa lo fa arrabbiare confessa: "è la Meloni con il suo vittimismo! Una che non sa dire 'sono anti fascista' che cos'è? Non sono capaci di governare, non hanno nessuna scusa. Ma gli italiani sono fatti così - conclude -. Guardi in America come si ribellano. In un mese viene fuori l'entusiasmo, la creatività...". 

FOTO: CREDIT ELVIRA SERRA / CORRIERE DELLA SERA

   

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