Politica

Braccio di ferro sulla Rai, M5s in Vigilanza non voterà

Consulta, Meloni vuole Marini. FdI: "Martedì tutti in Aula"

Redazione Ansa

Un lungo braccio di ferro, nel centrodestra ma anche fra il centrodestra e le opposizioni. Si profila questo scenario per la presidenza della Rai, con Forza Italia che non intende arretrare su Simona Agnes e il centrosinistra che per ora conferma l'Aventino in Vigilanza. Una partita a scacchi in cui può diventare cruciale la casella della direzione del Tg3, rimasta sguarnita dopo il passaggio di Mario Orfeo alla guida di Repubblica. L'intenzione di Giorgia Meloni per ora sarebbe quella di prendere tempo, in attesa dell'incastro che possa sbloccare lo stallo, mentre ha dato l'input ad accelerare sull'elezione del giudice della Corte costituzionale che, fra l'altro, il 12 novembre ha in programma l'udienza sulle questioni di legittimità sollevate da diverse Regioni sull'Autonomia differenziata.

In commissione di Vigilanza Rai al centrodestra mancano 2 o 3 voti per la maggioranza qualificata necessaria per il via libera ad Agnes presidente. Il M5s "non parteciperà al voto", ha annunciato il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, con parole che hanno rassicurato i dem, come sottolineano nel partito di Elly Schlein, dove confermano la linea di non partecipare alla partita delle nomine dopo non aver votato per i componenti del cda di nomina parlamentare. "Attenzione, perché se il 'non andare' comincia a diventare una moda, allora anche noi potremmo non presentarci in un sacco di occasioni. Che so, potremmo anche decidere, visto che non ci va nessuno, di non andare anche noi in Commissione di Vigilanza", il messaggio del capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri. Sullo sfondo ci sono anche gli Stati generali per la riforma della governance della tv pubblica, obiettivo principale delle opposizioni.

L'idea che il Movimento potesse andare in soccorso al centrodestra incassando la possibilità di indicare il direttore del Tg3 per ora è senza fondamento: "Non possiamo entrare in una logica mercantile", la risposta recapitata agli emissari della maggioranza. Per quella poltrona si fanno comunque vari nomi, da Senio Bonini a Simona Sala, da Bruno Luverà a Monica Giandotti, passando per Giuseppe Carboni. E quella casella, si ragiona in ambienti di governo, resta una carta giocabile, magari più avanti. Martedì dovrebbe riunirsi l'ufficio di presidenza della Vigilanza, per fissare la data del voto. Potrebbe non essere vicina. Nella strategia meloniana, ci sarebbe l'idea di tentare due volte la votazione su Agnes, e in caso di doppia fumata nera tentare l'intesa con le opposizioni su un presidente di garanzia, indicato dal centrodestra. Antonio Tajani, però, non intende cedere su Agnes, e FI punta ad avere tre tentativi.

Finora non ne sono bastati sette per sostituire l'ex presidente della Consulta, Silvana Sciarra, che ha concluso il proprio mandato l'11 novembre del 2023. Nella rosa di nomi di Meloni sono rimasti quelli del segretario generale alla Presidenza del Consiglio, Carlo Deodato, e del suo consigliere giuridico, Francesco Saverio Marini, costituzionalista e consulente nella redazione della riforma sul premierato. La scelta sarebbe caduta su quest'ultimo. E a senatori e deputati di FdI è arrivato l'input a essere "tassativamente" a Montecitorio quando martedì alle 12.30 il Parlamento si riunirà di nuovo in seduta comune.

Al centrodestra, secondo i calcoli che si fanno tra i parlamentari, dovrebbe mancare un solo voto. E nessuno "si può mettere in missione poiché la fruttuosità della votazione impone la partecipazione", il messaggio arrivato ai meloniani, e divenuto pubblico con una fuga di notizie non gradita ai piani alti di FdI. Una convocazione accompagnata da una raccomandazione decisamente d'attualità: "Poiché i mezzi di trasporto spesso registrano ritardi rispetto agli orari di arrivo a Roma previsti, occorre organizzare il viaggio in modo da essere presenti alla Camera con largo anticipo".

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