Il viaggio del 2021 in Iraq voluto con forza nonostante le minacce diretta di attentati contro la sua persona e il Covid: lo racconta il Papa in "Spera", l'autobiografia scritta con Carlo Musso per Mondadori, in uscita a gennaio e della quale il Corriere della Sera pubblica oggi una anticipazione.
"Mi era stato sconsigliato quasi da tutti quel viaggio - ricorda Papa Francesco -, che sarebbe stato il primo di un pontefice nella cerniera mediorientale devastata da violenze estremiste e profanazioni jihadiste: il Covid-19 non aveva ancora allentato del tutto la sua morsa, pure il nunzio in quel Paese, monsignor Mitja Leskovar, era appena risultato positivo al virus e, soprattutto, ogni fonte evidenziava altissimi profili di rischio per la sicurezza, tanto che attentati sanguinosi avevano funestato perfino la vigilia della partenza. Ma io volevo andare fino in fondo. Sentivo che dovevo".
Quel viaggio non si fermò neanche con le notizie di possibili attentati. "La polizia aveva avvisato la Gendarmeria vaticana di un'informativa giunta dai servizi segreti inglesi: una donna imbottita di esplosivo, una giovane kamikaze, si stava dirigendo a Mosul per farsi esplodere durante la visita papale. E anche un furgone era partito a tutta velocità con il medesimo intento. Il viaggio proseguì".
Dopo la visita a Mosul "domandai alla Gendarmeria che cosa si sapeva sui due attentatori, il comandante mi rispose laconicamente: 'Non ci sono più'. La polizia irachena li aveva intercettati, e fatti esplodere. Anche questo mi ha colpito molto. Anche questo era il frutto avvelenato della guerra", commenta Papa Francesco nel libro.