L'accusa lanciata dalla Wada alla Russia e della sua federazione di atletica leggera fa riemergere dal passato un vecchio fantasma, il doping di Stato, che sembrava svanito. Dagli Anni Sessanta, lo sport faceva spesso rima con il doping nei Paesi dell'Est, che sbandieravano le spesso strabilianti prove dei loro campioni per dimostrare la superiorità del sistema comunista. Nella Ddr il sistema fu portato ai massimi livelli, con il cosiddetto "Piano di Stato 14.25" per controllo, cinismo capillarità, segretezza e solo con la riunificazione è crollato, ma con molta più fatica del Muro.
Il doping elevato a sistema ha coinvolto molti altri Paesi, come la Cina, dove da decenni si susseguono casi più o meno clamorosi, fino allo scandalo spagnolo della 'Operacion Puerto' che ha scoperto le attività illegali del medico Eufemiano Fuentes e ha fatto tremare il mondo dello sport iberico. Nulla, comunque, rispetto a quanto continua a emergere su quell'enorme opera di alterazione dei risultati sportivi che si realizzò nella Ddr: i massicci aiuti farmacologici ebbero gravi effetti sulla vita di decine di uomini e donne che confessarono le devastanti conseguenze fisiche su se stessi o i loro figli. Fu Manfred Ewald, maggior dirigente sportivo del Paese, condannato nel 2000 per le sue responsabilita', a ideare negli anni '60 l'organizzazione del sistema tendente a dimostrare la superiorita' di una nazione e il trionfo della metodologia germanica.
Dall'atletica al nuoto, dalla ginnastica al ciclismo, in piena guerra fredda, la Ddr trionfava in tutte le gare individuali nelle principali manifestazioni, con un bilancio impressionante: 160 medaglie d'oro alle Olimpiadi e 3.500 titoli internazionali tra il 1961 e l'87. Dopo la caduta del Muro, plurimedagliati del nuoto o di altri sport rivelarono pero' il bilancio vero, quello fatto di tumori, problemi di sterilita', aborti, devastazioni psicologiche. Simbolico il caso di Heidi Krieger, campionessa europea nel lancio del peso e, a furia di ormoni, diventata Andreas a fine carriera. La platea era vastissima, si parla di oltre 10mila atleti arrivati alle scuole di Sport di Lipsia e Dresda, gli istituti statali dove ci si nutriva di allenamenti ma soprattutto di steroidi e ormoni: "Ci allenavamo sino allo stremo, poi ci imbottivamo di pillole blu", avrebbero confessato poi decine di campioni di fronte a un tribunale incaricato di giudicare gli anni del "doping di Stato".
Non solo sport individuali: intere squadre di calcio erano rese piu' forti con sostanze dopanti somministrate ai giocatori, ma i risultati non furono paragonabili. Il sistema fu adottato, con maggior o minor successo, in tutti i Paesi del blocco comunista, come la Cecoslovacchia. A quanto emerso, l'80% degli atleti cechi ai mondiali di atletica leggera '83 a Helsinki avrebbe fatto uso di sostanze dopanti. L'Unione Sovietica, non era da meno: all'inizio degli anni '70 compi' in gran segreto uno studio completo sugli effetti dell'uso degli anabolizzanti sugli atleti, aprendo cosi' la via al sistematico doping di Stato. Ora la storia, secondo l'Agenzia mondiale antidoping, sembra ripetersi.
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