A Maurizio Sarri sono bastati poco più di 400 giorni per conquistare il primo trofeo in Italia e da allenatore della Juventus: ha fallito gli appuntamenti con la Supercoppa Italiana e con la coppa Italia, ora può godersi lo scudetto. Perché la prima volta non si scorda mai, anche se è arrivato in un club il cui motto è "vincere non è importante, è l'unica cosa che conta". E per Sarri, che si presentava come l'anti-juventino per eccellenza, è stato tutt'altro che semplice. "Ho preferito andare all'estero per non passare direttamente dal Napoli a un'altra squadra italiana" è stata una delle primissime frasi pronunciate il 20 giugno 2019, giorno in cui ha conosciuto l'Allianz Stadium e i colori bianconeri. Ed è anche per quel suo affetto verso Napoli e il Napoli che, ancora dopo un anno, non è riuscito ad entrare nel cuore dei tifosi. Ha dovuto adattarsi allo stile Juve, "L'importante è che non mi mandino in campo nudo" la battuta per dribblare la questione tuta, uno dei suoi marchi di fabbrica in tutta la carriera, e ha dovuto parare le riserve dovute a un curriculum in cui, alla voce "successi", c'era soltanto un'Europa League con il Chelsea e un campionato di Eccellenza alla guida del Sansovino. "Ad Empoli erano scettici, così come a Napoli e a Londra: si deve vincere e convincere per far cambiare idea alla gente, facendo divertire e giocando un buon calcio" rispose a proposito dei tanti dubbi sulla scelta della Juve di puntare su di lui per il dopo-Allegri. Ha vinto il campionato, il bel calcio però non è visto per davvero: anche per questo ha ricevuto diverse critiche, dalla stampa e dal mondo bianconero. "Magari è perché sto sui coglioni a qualcuno, ma mi interessa relativamente perché mi sento più preparato in materia" l'attacco durante la conferenza di vigilia della trasferta di Udine. E, almeno in Italia, ha avuto ragione Sarri: il nono scudetto di fila è diventato realtà, dalla ripresa post-Coronavirus la sua Juve ha saputo sfruttare il crollo verticale della Lazio e un'Inter frenata da troppi passi falsi, mentre l'Atalanta ha ancora diversa strada da fare per candidarsi seriamente al tricolore. Adesso, però, arriva il difficile per l'ex banchiere diventato allenatore: c'è la missione Champions, l'attesa prosegue dal lontano 1996. L'ultimo a centrarla è stato un certo Marcello Lippi, Sarri ci proverà dove Conte e Allegri hanno fallito.
Prima c'è da ribaltare il Lione, poi nelle gare secche in terra portoghese potrà succedere di tutto. Si arriverà fino al 23 agosto, tra un mese esatto: per uno scaramantico come Sarri, il 23 potrebbe diventare davvero il numero fortunato per eccellenza.
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