Qualche giorno fa per gli 80 anni di Pelè, l'unico che parli il suo stesso linguaggio calcistico, Diego Armando Maradona ha inviato un messaggio di auguri. Venerdì, giorno in cui il 'Pibe de oro' varcherà la soglia dei 60, c'è da giurare che 'O'Rey' ricambierà.
Irriverente, burrascoso, quando arrivò a Napoli godeva della stessa popolarità di Papa Giovanni Paolo II o Michael Jackson. Il capolavoro sportivo e di astuzia lo realizza in Messico, proprio come Pelè nel 1970, fra i colori dello stadio Azteca, lo stesso che 16 anni prima aveva ospitato Italia-Germania 4-3. Diego, ai Mondiali 1986, contro l'Inghilterra - non un avversario qualsiasi, per via del ricordo ancora fresco della guerra delle Falkland - di fronte alle telecamere di tutto il mondo, beffa Peter Shilton, insaccando il pallone con un tocco di mano. Per l'arbitro tunisino Ali Bin Nasser, il 'Pibe' aveva segnato di testa: una decisione che fa impazzire di rabbia gli inglesi. Poi, a fine partita, l'argentino ammette che quel gol lo aveva segnato "La mano de Dios", non lui. A legittimare il capolavoro messicano, il gol più bello della storia, almeno per la Fifa, con Maradona che, nello stesso match, controlla con un preziosismo a centrocampo, parte con il pallone incollato sul magico sinistro, supera di slancio l'intera difesa inglese - compreso il portiere - e insacca mentre cade. Diego trascinerà l'Argentina, che peraltro ha una rosa di giocatori modesti, al titolo mondiale. Non si ripeterà a Italia '90, perdendo in finale con la Germania per un rigore assai discutibile e che fa sciogliere in un pianto rabbioso l'eroe improvvisamente divenuto umano. La sua parabola calcistica si conclude ingloriosamente, con una positività al doping nei Mondiali di Usa '94. Diego accusò la Fifa e puntò il dito contro il nemico di sempre, l'allora presidente Sepp Blatter, reo a suo dire di averlo indotto a rimettersi in carreggiata e poi di averlo tradito. Il suo declino era cominciato in realtà nel 1991, appena un anno dopo il secondo scudetto di Napoli, quando viene arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti. La sua carriera di allenatore non è all'altezza di quella da calciatore. La sua esistenza rimane in bilico - sospeso fra la vita e la morte- la sera del 4 gennaio 2000, per una "crisi di cocaina", come ammise Jorge Romero, il medico che lo salvò. Ha collezionato amori, figli illegittimi e poi riconosciuti, ha riempito giornali, ha ballato con Raffaella Carrà, è stato showman, fatto scrivere libri densi di episodi che, malgrado tutto, non oscureranno mai la luce della sua stella.
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