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Inglesi promuovono il ct :'Lui non canta, la nazionale sì'

Dal Times al Guardian elogi a Carsley, vittoria supera il caso dell'inno

Lee Carsley

Redazione Ansa

Buona la prima per Lee Carsley, nuovo ct dell'Inghilterra, che - nonostante le critiche iper-nazionalistiche di chi gli rimprovera di non aver cantato l'inno inglese - ha saputo rivitalizzare i Tre Leoni nella loro prima uscita dopo Euro 2024.

Le dimissioni estive di Gareth Southgate hanno costretto la Federcalcio inglese a correre ai ripari, nominando a tempo l'ex tecnico della rappresentativa Under 21, in attesa - forse - di riuscire a convincere un allenatore più blasonato (Pep Guardiola è l'uomo che piace di più).

Un'occasione che però l'interessato pare determinato a volersi giocare fino in fondo, come dimostrato dalle sue prime convocazioni, così come dalle soluzioni tecnico-tattiche adottate a Dublino. Non una rivoluzione, ma di certo un cambio di direzione, che - almeno nel primo tempo all'Aviva stadium - ha dato i suoi frutti. Meritandosi gli elogi dei quotidiani più autorevoli, dal Times al Guardian, pronti a perdonargli il silenzio durante l'esecuzione di God save the King. "Il ct non canta, ma l'Inghilterra sì..." scrive il Times, che respinge le accuse all'allenatore che come da lui stesso annunciato è rimasto in silenzio durante l'esecuzione dell'inno. "A Dublino è la prestazione dell'Inghilterra a cantare più rumorosamente, spazzando via le controversie patriottiche pre-match - scrive il prestigioso quotidiano - il fatto che non canti l'inno non pregiudicherà le possibilità a lungo termine di Lee Carsley, ha fatto sapere una fonte della federalcio".

Quella dell'inno non è una novità per Carsley, che già alla vigilia aveva escluso di modificare le sue abitudini pre-gara. D'altronde il tecnico ad interim dell'Inghilterra, quando ancora era un calciatore, aveva preferito indossare la maglia dell'Irlanda (40 presenze), in virtù delle sue radici irlandesi.

Prima del fischio d'inizio, Carsley - al pari di Declan Rice e Jack Grealish, entrambi con un passato nelle nazionali giovanili irlandesi prima di passare ai Tre Leoni - è stato sonoramente fischiato dal pubblico di casa, trattato alla stregua di un traditore. Insulti che si sono aggiunti a quelli di parte dei supporters inglesi, l'ala più intransigentemente patriottica, che non gli perdona di non cantare l'inno nazionale. "Rispetto l'opinione di tutti - le sue parole -. Per me è il massimo dell'orgoglio aver guidato l'Inghilterra a Dublino (la prima sfida tra le due nazioni dal 2015, ndr). Non penso che cantare o meno l'inno faccia la differenza, il mio livello di impegno è massimo a prescindere". Nella speranza di emulare quanto riuscito a Southgate, rimasto sulla panchina inglese per otto anni dopo aver saputo trasformare l'iniziale contratto a tempo (Ct ad interim) in uno a lunga scadenza. 
   

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