Claudio Ranieri ha cominciato nella Roma da calciatore e nella Roma chiuderà prima da allenatore e poi da dirigente.
Il destino ha voluto che fosse così perché lo scorso anno aveva deciso di lasciare il calcio.
"Ed ero convinto della mia scelta - spiega -. Sarei rientrato solo nella Roma o nel Cagliari se fosse servito".
Così è stato. A lui, dunque, il compito di risollevare i giallorossi e la conferenza stampa d'esordio ha già messo in luce il suo nuovo ruolo da tecnico-manager, perché contestualmente aiuterà i Friedkin nella ricerca del prossimo allenatore e a fine stagione rimarrà dirigente della società.
Nell'ora passata davanti ai giornalisti si è fatto carico dei silenzi dei Friedkin e dei problemi della Roma, ha risposto a tutto, spesso intervenendo anche al posto del diesse Ghisolfi, sedutogli vicino.
Diretto, conciso, perché il tempo a disposizione non è tanto. "Qui sono tornato alla casa madre - dice -. Ma io non ho tempo di fare errori". Il calendario d'altronde parla chiaro: alla ripresa ci saranno Napoli, Tottenham e Atalanta, per questo ai tifosi ha chiesto di non fischiare la squadra.
"Giocare in casa così è la cosa più difficile che esista - il messaggio di Ranieri -. Voglio una squadra e un pubblico coesi. Siamo tutti una famiglia: calciatori, allenatore, società, dipendenti".
Promesse non ne fa, se non quella di dare tutto e di far tornare a casa i tifosi orgogliosi a prescindere dal risultato.
Si mette a scudo dei suoi giocatori, mettendoli comunque di fronte alle loro responsabilità: "Qui si deve dare il 120%, perché l'80 non basta. E non accetto che si vada al lavoro con il viso preoccupato. Siamo persone super fortunate perché ci siamo scelti il mestiere, per questo dobbiamo venire qui con il sorriso e dare tutto in campo".
Insomma, parla in faccia a chiunque e dice quello che pensa, così come ha fatto con la proprietà nel blitz londinese per definire l'accordo.
"Se mi hanno chiamato è perché hanno capito i propri errori e lo hanno fatto per riportare in alto la Roma, mi è stata data carta bianca - racconta -. Dan Friedkin mi ha lasciato a bocca aperta per il bene che vuole a questo club ed è scioccato per l'aver speso tanto e non aver ottenuto i risultati che voleva. Per questo io sarò l'uomo vicino alla proprietà, ma si farà tutto insieme perché per il presidente non esiste una visione piramidale della società, bensì collegiale".
Poi la precisazione su Dybala alla domanda se veramente i Friedkin gli avessero chiesto di non farlo giocare per non far scattare il rinnovo automatico del contratto.
"E' stata la prima cosa di cui abbiamo discusso e gli ho detto che io avrei fatto come mi pare. Non mi interessano le clausole, scelgo chi voglio e gli sta bene sennò non sarei qui". E' ancora presto, invece, per parlare di mercato, così come dei possibili ritorni di Francesco Totti ("non sono chiuso ad alcuna soluzione) e Daniele De Rossi ("oggi è un discorso non ancora affrontato).
"Intanto fatemi vedere la squadra - dice intervenendo ancora al posto di Ghisolfi al quale era sto chiesto se a gennaio sarebbero stati fatti acquisti -. Ci sono dei giovani validi che vanno inseriti in una situazione compatta, poi si faranno delle valutazioni e se ci saranno delle opportunità sono certo che le mie richieste saranno soddisfatte".
La priorità va al campo e oggi Ranieri non sa ancora quale modulo utilizzerà, ma ridendo promette di non schierare più Angelino tra i tre centrali e su Hummels anche appare chiaro: "Perché non dovrebbe giocare?". Al resto ci penserà il tempo.
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