La lunga attesa finisce qui. Dopo la mezza delusione per il pareggio con la Salernitana e dopo aver sperato inutilmente che il Sassuolo bloccasse la Lazio cucendo indirettamente lo scudetto sulle maglie azzurre del Napoli, la squadra di Spalletti va a prendersi il tricolore a Udine, agguantando il lo scudetto con cinque giornate d'anticipo. "Napoli Campione d'Italia", c'è scritto sull'enorme striscione che viene srotolato a Palazzo San Giacomo, la sede del Comune. Mentre la partita è in corso la città è deserta, improvvisamente svuotata. I tifosi si riuniscono in alcuni punti strategici, luoghi simbolo di Napoli, come Piazza del Plebiscito, Piazza Carità, Piazza Vittoria, il Lungomare Caracciolo, il Largo Maradona - tempio laico del tifo azzurro - dove le gente si accalca davanti ai televisori dei bar per assistere alla partita e per tifare. Ma sono anche tante le stradine, i vicoli dei rioni più popolari, della Sanità, dei Quartieri Spagnoli, di Forcella, solitamente affollati in ogni ora del giorno e della notte, che appaiono vuote e spettrali. In cinquantamila, però, tutti insieme, vivono una serata che sperano storica, allo stadio Maradona: una partita surreale quella che assistono lì, su otto maxischermi istallati per l'occasione. Ed è quando l'arbitro Abisso che fischia la conclusione della partita che tutta l'ansia, l'inquietudine dell'attesa, il tormento per un risultato che pareva non volesse arrivare mai si scioglie in pochi attimi. La festa può finalmente cominciare. Lo stadio Maradona esplode in un boato assordante, e lo stesso succede in tutti i quartieri: è una gioia incontenibile, rumorosa, un fragore perfino superiore a quello della notte di Capodanno, per la conquista del terzo scudetto della storia.
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