(di Giorgio Gosetti) (ANSA) - ROMA, 25 OTT - Nella notte
del 27 ottobre di 30 annifa, sorpreso nel sonno da un'emorragia
cerebrale, se ne andava asoli 68 anni Ugo Tognazzi,
indimenticabile «colonnello» dellacommedia all'italiana. Erano
3, come i moschettieri: ilcremonese e ruspante Tognazzi
(Porthos), il gigione eintellettuale Gassman (Aramis), il
sommesso ciociaro Manfredi(Athos).
Lo assumono in un salumificio ma conservail posto soprattutto
per merito delle recite filodrammatiche chemette in scena al
dopolavoro. L'arte della comicità servirà aTognazzi per stare
defilato anche durante la guerra quando siimpegna soprattutto a
organizzare spettacoli leggeri per ilmorale delle truppe. A
guerra finita approda a Milano e viene baciato dallafortuna
perché si fa notare da Wanda Osiris a una serata didilettanti al
teatro Puccini. Assunto in compagnia si costruisceuna brillante
carriera di « primo giovane » e intrattenitore.Lascia il lavoro
e nel 1950 scende a Roma sulla via di Cinecittàperché «col
cinema si guadagna di più. Ma niente come il teatro-dirà -
restituisce il calore del contatto diretto che io ho
poiricostruito con la mia vera vocazione, la cucina. Preparare
unacena e vedere l'espressione soddisfatta dei commensali è
propriocome finire una serata in teatro quando il pubblico ti
applaude.Per questo considero il cinema solo come il mio hobby
preferito». Il primo ruolo sullo schermo glielo affida Mario
Mattoli ne «i cadetti di Guascogna » del 1950 a fianco di Walter
Chiari chegli ruba la scena. L'anno seguente incontra invece
RaimondoVianello e i due faranno coppia fissa per tutti gli anni
'50arrivando al grande pubblico con il trionfale successo di
moltepellicole, ma soprattutto col varietà televisivo «Un, due,
tre». Nel 1959, a causa di una scenetta satirica sul
presidentedella Repubblica Gronchi, il programma viene chiuso
senzapreavviso e i due licenziati dalla Rai. Ma il cinema ha
ormaiadottato quel lombardo che sforna film a raffica (12 nel
solo1959) ed è ormai pronto per parti da protagonista senza
rivali.Se ne accorge Luciano Salce che con lui si afferma grazie
a « Ilfederale » (1961) per poi stringere un lungo sodalizio. Se
neaccorge Dino Risi che ne replica il successo con «La marcia
suRoma » del '62.La carriera di Ugo Tognazzi da quel momento è
un'ascesacostante che diviene sfida a se stesso: non è un uomo
bello,secondo i canoni tradizionali, ma ha fascino da vendere;
non èun attore intellettuale e colto come il suo amico Gassman,
manon c'è autore di qualità che non lo cerchi; ha
l'improntadell'uomo normale ma con l'altro amico d'elezione,
MarcoFerreri, cerca l'eccesso, la provocazione, il surrealismo
calatonella rappresentazione realista della vita. Nascono
cosìcapolavori come « La donna scimmia », « L'udienza », «La
grandeabbuffata ». Per Monicelli darà vita invece alla saga di «
Amicimiei » con l'irresistibile maschera del Conte Mascetti. Con
Risie Scola stringerà un sodalizio profondo che frutta
grandisuccessi come "Straziami ma di baci saziami" o "La
terrazza". Un vitalismo insaziabile che si traduce nella
capacità dirischiare ogni volta, spinge Tognazzi ad evitare gli
schemi e le"parrocchie" del cinema italiano: incrocia Elio Petri
("Laproprietà non è più un furto") e Bernardo Bertolucci
("Latragedia di un uomo ridicolo" con cui vince la Palma d'oro
aCannes nel 1981); sostiene gli esordi di Pupi Avati ("La
mazurcadel barone...") e si traveste da gay per Edouard Molinaro
ne "Ilvizietto" che sul finire degli anni '70 lo rilancia in
tutto ilmondo. Continua a tenere un ritmo di lavoro infernale
(almeno duefilm all'anno) ma dalla metà degli anni '80 torna
sempre più difrequente al teatro, passa molto tempo a Parigi, si
fasorprendere dalla malattia più infida e crudele: la
depressione.Ormai a poco servono i grandi raduni tra la casa di
Velletri equella di Torvajanica dove col pretesto di un torneo
di tennistra amici e colleghi si passa il tempo in
pantagruelichetavolate. Pur con intorno l'affetto dei figli
avuti da ben trematrimoni e la dolcezza dell'ultima moglie
Franca Bettoja, ilgrande attore si isola sempre più spesso, si
lancia in una serietelevisiva che non porterà a termine, "Una
famiglia in giallo".Lascerà in sospeso anche il progetto di una
nuova regia, percorso cominciato dietro lamacchina da presa già
negli anni '60 ("Il mantenuto") e che gliaveva portato buon
consenso critico con titoli come "Il fischioal naso", "Cattivi
pensieri", "I viaggiatori della sera".A vent'anni dalla morte,
sua figlia Maria Sole gli hadedicato un documentario, "Ritratto
di mio padre", che nerecupera la dolcezza e la sensibilità anche
fuori dal set,mentre i figli Ricky e Gianmarco (entrambi
attori/autori) hannospesso cercato mostrare la stessa
naturalezza interpretativa,frutto di una passione autodidatta.
Tognazzi fa parte di quelmanipolo di "mattatori" che hanno fatto
grande il cinemaitaliano mettendo in mostra tutti i difetti, le
viltà, lefragilità dell'uomo contemporaneo. Ma rispetto agli
altri (Sordiad esempio) il cremonese Ugo ha saputo regalarci una
mascheramai definibile, mai stereotipata, sempre amorevole.
(ANSA).