di Carlo Mandelli
(ANSA) - MILANO, 18 SET - Trent'anni fa c'era da salvarci la
pelle. Qualcuno poi ci è riuscito, magari con qualche
ammaccatura collezionata nel tempo che altro non fa che
ricordarci chi siamo.
Penso sia uno spaesamento condiviso". Disillusione si, di chi
magari si è formato in quegli anni Settanta quando si doveva
salvare il mondo, ma non arrendevolezza. "Ho visto sei decenni -
dice lui - e nessuno è iniziato male come questo, tra pandemia,
guerra, cambiamenti climatici e catastrofi. Dobbiamo continuare
a salvarci la pelle". Un album che racconta una collettività che
non sa più dove guardare per trovare del bello in cui
rifugiarsi, per poi magari trovarlo nelle cose semplici, anche
nelle 'metà della mela'. "La cronaca nera, i tassi di
femminicidi e quella parte di generazione Z che va dallo
psicologo confessando di non avere un'idea di futuro e forse
nemmeno la voglia. C'è da esserne storditi". Da 'Così come sei'
fino a 'Riderai', passando per 'Musica e parole', 'Quel tanto
che basta', 'Chissà se Dio si sente solo' e gli altri titoli in
scaletta, il Liga abbraccia periodi e spazi temporali
differenti, per fare il giro. "La copertina dell'album sembra
anche un po' il gioco dell'oca" dice lui. Forse non è un caso,
per il quattordicesimo album di inediti di Ligabue e per la sua
venticinquesima uscita discografica in una carriera
ultra-trentennale. "Per darmi delle risposte personali sono
andato a sbirciare il passato, per riuscire a mettere fiducia
nel futuro. Volevo raccontare quel Noi che è ancora possibile e
del quale voglio fare parte, condividendone i desideri e non
rassegnandomi". E così, Luciano, è tornato a trovare i
protagonisti di 'Salviamoci la pelle', trent'anni dopo, in 'Così
come sei'. Entrambi cresciuti ma riconoscibili. Lei con il suo
vestito rosso delle occasioni importanti e lui con la sua Guzzi,
pronti a saltare in sella e ripartire per le colline sopra
Reggio Emilia. Amarsi e piacersi come allora, ma in un'altra
epoca. Sopravvissuti e forti, graffiati e segnati dal tempo ma
ritrovati, coerenti con quello che erano allora. "Quello che
racconto - ha spiegato ancora il Liga - è un Noi che avevo
tirato in ballo già dal primo album. Quelli di 'Non è tempo per
noi' erano però tempi migliori di questi. Ero più deciso e
raccontavo soprattutto il sentirsi fuori dai giochi. Nel Noi di
adesso resto sempre fuori moda e fuori posto ma prendendomi il
tempo per capire. Anche per provare a stare dalla stessa parte".
Un Noi che arriva a trattare anche dei legami più stretti.
L'occasione del nuovo album, per Luciano, è stata quella per
lavorare fianco a fianco con il figlio Lenny che si è occupato
delle batterie. "Passare tanto tempo insieme in studio - ha
raccontato papà Luciano - è stata un'esperienza impagabile. Mio
figlio mi ha sentito raccontare ogni intenzione sull'album è ha
potuto conoscermi artisticamente e di riflesso umanamente, come
non mai. Oggi ci conosciamo meglio". Per tornare ad urlare le
sue canzoni contro il cielo, Ligabue ripartirà in tour questo
autunno, con partenza dall'Arena di Verona il 9 e 10 ottobre,
per poi fare rotta verso i palazzetti delle principali città
italiane, da Torino a Reggio Calabria e Messina, passando per
Bologna, Brescia, Rimini, Milano, Roma e tante altre, per un
nuovo giro d'Italia in musica. Sul fronte del live, per il
futuro, quel Liga che ha suonato sempre e praticamente ovunque,
ha poi anche un altro desiderio. "Mi piacerebbe non solo tornare
all'acustico - ha confessato la voce delle nuove 'Quel tanto che
basta' e 'Niente piano B' - ma addirittura presentarmi a cantare
le mie canzoni da solo, con la mia chitarra. Prima o poi,
chissà". (ANSA).