(di Giorgio Gosetti) (ANSA) - ROMA, 24 SET - La sera in cui
Anna Magnani se ne è andata, il 26 settembre 1973, il secondo
canale della Rai trasmetteva il suo ultimo film, "1870" diretto
come un estremo atto d'amore da Alfredo Giannetti che già
l'aveva convinta a scegliere la tv per il trittico di ritratti
"Tre donne". Fu un caso e uno scherzo benigno del destino, anche
se già da qualche tempo le condizioni della grande attrice si
erano aggravate, ma 50 anni dopo quel piccolo gioiello, in cui
appariva al suo fianco Marcello Mastroianni, rimane scolpito
come un epitaffio per una donna sempre sfortunata nella vita, ma
regina in palcoscenico e sullo schermo.
Difficile dire come questo doppio abbandono abbia segnato la
personalità della ragazza che ha sempre dipinto la sua
giovinezza con toni tutto sommato sorridenti: scuole regolari,
stile da sobria borghesia senza sprechi, otto anni alla scuola
di musica Santa Cecilia, due all'accademia d'arte drammatica
diretta da Silvio d'Amico. E' lui il primo a capire nel 1927 che
di fronte non ha un'aspirante interprete ma una che "vive" i
suoi personaggi. Ed è la determinazione di Anna, la dura gavetta
a cui si sottopone, che ne farà presto un personaggio. Sarà
proprio la sua capacità mimetica di entrare nel cuore delle
donne della sua carriera a costruirne la figura della popolana
tutto cuore, della "lupa romana" come la chiamerà un suo grande
estimatore, l'ex presidente del festival di Cannes, Gilles
Jacob, di "Nannarella" col suo diminutivo più celebre. Sarà per
sempre la Pina mitragliata dai nazisti in "Roma città aperta"
(1945), la Maddalena Cecconi di "Bellissima" (1951), la Roma
Garofolo di "Mamma Roma" (1962), ma ancor prima la fruttivendola
Elide di "Campo dei fiori" (1943). Dalla sua indimenticabile
interpretazione in "Roma città aperta", film cardine del
neorealismo, nasce il mito di Anna Magnani, l'attrice italiana
più popolare nel mondo (anche più di Sophia Loren) e certamente
la più grande protagonista del nostro cinema. Eppure Magnani era
stata anche molto altro: debutta in palcoscenico all'inizio
degli anni '30 e trova spazio nel teatro leggero,
nell'avanspettacolo, con capocomici come Antonio Gandusio,
compagni di strada come i fratelli De Rege o Totò. Diventa
celebre come sciantosa anche grazie alle sue doti canore, sposa
un regista-dandy come Goffredo Alessandrini, si innamora di un
divo-seduttore come Massimo Serato che le darà l'unico e
amatissimo figlio, Luca, ma che la lascerà quasi subito. Debutta
nel cinema con "La cieca di Sorrento" (1934), ma è Vittorio De
Sica a darle il primo ruolo significativo nella parte di
un'artista di varietà in "Teresa Venerdì" (1941): nasce qui la
Magnani drammatica. Quando arriva sul set di "Roma città aperta"
insieme a Aldo Fabrizi è già notissima ed è proprio la geniale
fusione tra il professionismo dei protagonisti e la naturalezza
dei personaggi presi dalla strada a rendere memorabile anche la
sua apparizione. Grazie al successo internazionale del film il
fascino di Anna supera le frontiere: forte del successo in
patria con "L'onorevole Angelina" (1947), vive il suo momento
magico. Jean Renoir la vuole per "La carrozza d'oro", Visconti
ne fa la "diva della strada" (dopo aver dovuto rinunciare a lei
in "Ossessione" perché incinta), la rivista Time la definisce
"divina, semplicemente divina", Eugene O'Neill stravede per il
suo talento quando sbarca a Hollywood per "La rosa tatuata" di
Daniel Mann dal testo del celebre commediografo. Il risultato
sarà l'Oscar attribuitole il 21 marzo 1956, prima (e unica)
attrice di lingua non inglese a vincere la statuetta. A
Hollywood lavorerà altre tre volte, mentre in patria mancherà
l'appuntamento con "La ciociara" (non si vedeva nei panni della
madre di Sophia Loren), trionferà con "Mamma Roma" nonostante i
contrasti con Pasolini, indosserà nuovamente i panni della
sciantosa in "Risate di gioia" di Monicelli, tornerà al teatro
con Zeffirelli e Menotti. Tutto questo sarà la sua gloria sullo
schermo e sulla scena, in un contrasto sempre più drammatico con
la sua vita privata. Anche se non lo ammetteva volentieri Anna
Magnani era in cerca d'amore fin dalla culla quando - nelle sue
parole - aveva capito che " non ero nata attrice. Avevo solo
deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e
una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me
stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza". Una
sequenza dolorosa di amori finiti male, una tempestosa relazione
con Roberto Rossellini esplosa nella vendetta del suo film
"Vulcano" contro "Stromboli" dedicato a Ingrid Bergman; un
figlio ferito dalla poliomielite a amato contro tutto e tutti;
una solitudine fieramente affermata perché diceva di non aver
mai trovato qualcuno che sapesse imporsi al suo carattere
generoso ma inossidabile, forte ma fragile, vulcanico ma sempre
smarrito. Nel confronto con la sua icona sapeva di essere sempre
perdente e oggi ci lascia il ricordo di una grandezza da madre
mediterranea, dea scesa in terra e fattasi terra per cercare la
passione. 50 film e una stella sulla Walk of Fame di Hollywood
non avevano guarito questa ferita. (ansa) (ANSA).