(ANSA) - FIRENZE, 04 GIU - La corte di appello di Firenze ha
riconosciuto il "superiore diritto alla residenza anagrafica" a
una donna e alla figlia di 9 anni che vivevano abusivamente in
uno stabile occupato, pertanto Palazzo Vecchio deve iscrivere
entrambe all'anagrafe come residenti. "Ci sono voluti sei anni e
numerose azioni legali ma alla fine giustizia è stata fatta",
afferma Antonio Mumolo, presidente dell'Associazione nazionale
Avvocato di strada. "La signora - spiega - aveva chiesto
l'iscrizione anagrafica al Comune di Firenze. La residenza è
indispensabile per l'accesso al sistema sanitario e garantire
diritti fondamentali. La corte d'appello ha riconosciuto le
ragioni della nostra assistita in base a principi fondamentali:
la residenza è un diritto e il Comune non può impedire o
rallentare il suo riconoscimento; un Comune non può obbligare
chi chiede l'iscrizione anagrafica a svolgere un percorso coi
servizi sociali per ottenerla; la residenza, come stabilito dal
ministero dell'Interno, è un diritto anche per chi occupa
abusivamente un immobile". La vicenda è iniziata nel 2016. La
madre, dopo essere stata sfrattata per morosità da un
appartamento a Campi Bisenzio trova riparo in un alloggio
occupato abusivamente in piazza Beccaria a Firenze. Non fa
mistero della situazione e sollecita il Comune a iscrivere lei e
la piccola, di 3 anni all'epoca, nelle liste anagrafiche per
vedere garantiti i diritti connessi alla residenza. Di fronte al
'no' di Palazzo Vecchio, la donna si rivolge al tribunale che
però accoglie le ragioni del Comune. Ma la madre non si arrende,
fa ricorso in appello e vince. "Il Comune - scrive il giudice
Daniela Lococo in sentenza - se da un lato aveva valutato
positivamente la richiesta di iscrizione sulla base del
domicilio, dall'altra aveva sostenuto di non aver potuto
procedere a causa dell'atteggiamento ostruzionistico della
signora che non avrebbe acconsentito alla presa in carico dei
servizi sociali in conformità alla delibera della giunta
comunale del febbraio 2016". La corte afferma che "è infondata
la pretesa del Comune di subordinare la concessione della
residenza a una preistruttoria da effettuarsi tramite la presa
in carico da parte dei servizi sociali". (ANSA).
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