Toscana

Virus in Congo, a Lucca un paziente con sintomi simili

Già guarito,'nessun rischio contagio'. All'Istituto superiore di sanità i test sui campioni 

Redazione Ansa

 Febbre e anemia, gli stessi sintomi del virus misterioso che in Congo ha già fatto trenta morti. Tanto è bastato per far scattare gli accertamenti su un paziente, già guarito e dimesso, proveniente dal paese africano e ricoverato nell'ospedale San Luca di Lucca dal 22 novembre al 3 dicembre. L'ospedale di Lucca, dopo l'allarme sanitario per il focolaio congolese, ha informato l'Istituto Superiore di Sanità ed i campioni prelevati dal paziente stanno per arrivare all'ISS.


L'uomo, un cinquantenne, lavora in Congo a circa 700 km dalla zona di Panzi dove sono stati stato documentati casi e decessi per il misterioso virus. Rientrato in Italia ha manifestato "una sintomatologia influenzale potenzialmente riconducibile alla malattia che sta colpendo una regione del paese africano", come precisa in una nota Maria Rosaria Campitiello, Capo dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del ministero della Salute.


"E' stato ricoverato con febbre e anemia ma, adesso sta bene come lo sono i suoi familiari. Solo per scrupolo è stato ricontattato per accertamenti, ma ad oggi non c'è pericolo di contagio", ha spiegato Spartaco Sani, responsabile delle malattie infettive dell'ospedale lucchese San Luca dove è stato ricoverato il paziente. "E' stato richiamato per accertamenti per una questione di massima precauzione" dopo che si era avuta notizia del focolaio congolese, sottolinea la Asl Toscana nord ovest, a cui fa capo l'ospedale di Lucca. Quando il paziente è stato ricoverato nell'ospedale di Lucca, infatti, "non era ancora noto il focolaio emerso in Congo", ha chiarito la Asl.

 

 


"Per scrupolo, dopo la sua dimissione", avuta notizia dell'attenzione delle autorità sanitarie nazionali ed internazionali rispetto al focolaio congolese, "è stato richiamato per accertamenti e, come protocollo, per massima precauzione, è stato contattato l'Istituto Superiore della sanità per l'eventuale invio di campioni di sangue". L'Azienda sanitaria evidenzia che la struttura di malattie infettive, insieme a direzione sanitaria e ospedaliera e al dipartimento della prevenzione, ha effettuato un lavoro di verifica a 360 gradi sulla vicenda e "non ci sono al momento profili di rischio".
Questo dunque potrebbe essere il primo caso sospetto in Italia della 'malattia misteriosa' che ha come sintomi ha febbre, mal di testa, mal di gola, tosse, difficoltà respiratorie e anemia. Un virus che ha colpito in particolare l'area di Panzi, località del Sud-Ovest del Paese, che si trova a più di 700 km dalla capitale Kinshasa.


Secondo il ministero della Sanità congolese l'epidemia dura da oltre 40 giorni ed i morti accertati in presidi sanitari sono circa 27 su 382 contagiati. Altri 44 decessi sono stati registrati nei villaggi limitrofi, ma senza una verifica della diagnosi, per un totale di circa 70 morti in una vasta area. Una gran parte dei decessi si deve però alla totale mancanza di cure. Il tasso di mortalità è intorno all'8%, tale da meritare attenzione ma non allarmismo.


Gli infettivologi stanno cercando di stringere il cerchio su una rosa di potenziali responsabili di quanto sta avvenendo: dalla febbre emorragica, a qualche forma di polmonite, ai contagi respiratori. "Dalla sintomatologia potrebbe trattarsi di una febbre emorragica. Sono delle forme virali come per esempio Ebola o la febbre emorragica di Congo-Crimea, cioè fondamentalmente infezioni che già sono note, magari sostenute da un nuovo virus che ci auguriamo venga presto identificato", ha detto l'infettivologo Matteo Bassetti, Direttore della Clinica Malattie infettive dell'IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova. "In Congo e Camerun, con la presenza della foresta equatoriale ed una grandissima varietà di animali, si concentra la maggiore parte dei virus del pianeta. Un luogo ideale per l'ormai noto salto di specie (spillover), il processo naturale per cui un patogeno degli animali evolve e diventa in grado di infettare, riprodursi e trasmettersi all'interno della specie umana", è invece il ragionamento di Carlo Perno, responsabile Microbiologia e diagnostica di immunologia, dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù. 
   

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