(ANSA) - BOLZANO, 07 NOV - Uno studio del gruppo di ricerca
di microbiologia degli alimenti Micro4Food della Libera
Università di Bolzano ha dimostrato che la fermentazione dei
fiori di melo permette di produrre estratti potenzialmente
interessanti per l'industria alimentare, cosmetica e
farmaceutica.
Dietro la loro bellezza e fragilità, i fiori di melo
nascondono un enorme potenziale inesplorato.
Il progetto di ricerca nasce dalla volontà di valorizzare i
fiori di melo, un sottoprodotto della filiera di produzione
delle mele. Una particolarità del melo è la presenza del
corimbo: non sono presenti infatti singoli fiori, ma delle
infiorescenze "a grappolo" con in media cinque fiori, il corimbo
per l'appunto. Mandare a frutto tutti e cinque i fiori
significherebbe avere mele di dimensioni inferiori e di bassa
qualità, e potrebbe causare una minore produttività della pianta
nell'anno seguente. Per questo nella pratica agronomica si
procede al dirado, ovvero all'eliminazione dei fiori o dei
frutticini laterali del corimbo per favorire lo sviluppo del
fiore centrale, il cosiddetto "king flower", affinché diventi
frutto. Nella filiera di produzione delle mele, infatti, solo il
7% dei fiori viene portato a maturazione, mentre la restante
parte diventa a tutti gli effetti uno scarto.
L'obiettivo del progetto di ricerca è stato capire come
valorizzare questi fiori scartati sfruttando il loro potenziale
intrinseco come fonte di molecole funzionali. I ricercatori
hanno quindi confrontato il campione di fiori non fermentato con
fiori sottoposti a diversi tipi di fermentazione: una
fermentazione spontanea, che sfrutta i microrganismi già
naturalmente presenti sui fiori (similarmente a quello che
succede nella fermentazione dei crauti), e due fermentazioni
controllate che utilizzavano da un lato un batterio fruttofilico
(amante della frutta e dei fiori) e, dall'altro, un lievito
derivato dalle mele. Dopo la fermentazione i ricercatori hanno
ottenuto da ciascun campione un estratto di cui hanno testato le
capacità antifungine e antiossidanti. I campioni fermentati
erano significativamente più capaci di inibire la crescita delle
muffe e avevano un'attività antiossidante nettamente più elevata
rispetto all'estratto ottenuto dal campione non fermentato. Un
altro risultato è stato l'ottenimento di un elevato numero di
peptidi bioattivi nei campioni fermentati: questi peptidi
svolgono un'attività biologica sull'organismo agendo su diversi
processi metabolici. "Siamo riusciti ad identificare ben 1797
nuovi peptidi in seguito alla fermentazione: un numero
elevatissimo", spiega Stefano Tonini, il principale ricercatore
dello studio. "Questi peptidi non sono mai stati analizzati
prima e devono essere studiati per capire quali di questi
presentano attività antifungina e antiossidante. Il risultato
della nostra ricerca apre nuove prospettive e offre opportunità
inesplorate per lo sviluppo di applicazioni innovative",
conclude.
I fiori di melo si rivelano così una risorsa preziosissima
che può essere sfruttata dall'industria farmaceutica, cosmetica
e alimentare. A livello alimentare i loro estratti potrebbero
infatti essere utilizzati in combinazione ad altri composti
naturali di origine microbica per aumentare la shelf-life di
alcuni prodotti. A tale scopo si sta lavorando in questa
direzione con altri progetti. L'industria cosmetica può invece
contare sulla potente attività antiossidante e antifungina dei
peptidi contenuti negli estratti: i fiori di melo potrebbero
essere una fonte naturale e a basso costo di queste molecole e
garantirebbero un prodotto che contiene ingredienti di sintesi
chimica. Inoltre, la fermentazione favorirebbe la presenza di
una vasta varietà di peptidi, potenzialmente con attività
complementari, e garantirebbe una loro maggiore stabilità,
garantendo un'efficacia duratura dei prodotti cosmetici nei
quali viene inserito. (ANSA).