Umbria

Psicologi, a scuola nessuno sia marginalizzato

Per presidente Ordine nazionale serve clima cooperazione

Redazione Ansa

(ANSA) - PERUGIA, 11 SET - "Accanto alle misure di protezione va creato un clima favorevole, di cooperazione, affinché le norme siano percepite nel modo giusto, ci sia possibilità di ascolto delle situazioni di disagio e nessuno sia marginalizzato": David Lazzari, presidente dell'Ordine nazionale degli psicologi e di quello dell'Umbria, parla dell'imminente ripresa della scuola sottolineando l'importanza del supporto psicologico. "Milioni di studenti e docenti rientrano dopo oltre sei mesi - ha detto all'ANSA -, con un bagaglio di stress importante e nuove regole da seguire alle quali non siamo abituati. Serve perciò collaborazione e ascolto".
    Lazzari ha spiegato che ci sono "tante tematiche psicologiche" da affrontare nel momento del rientro in classe, sia dalla parte degli studenti sia dei docenti. "La psicologia scolastica - ha aggiunto - non si occupa solo di clinica e disagio, ma anche dei processi organizzativi e di creare condizioni affinché la scuola sia il luogo idoneo per quei processi che si presentano". Contestualizzando il clima di timori e incertezze, il presidente dell'Ordine spiega che "c'è stata una pericolosa sottovalutazione di questi aspetti".
    Risulta quindi "fondamentale che l'accordo del 6 agosto fra Governo e sindacati, con cui si prevede attività di sostegno psicologico nelle scuole, venga attuato al più presto". La rete dell'ascolto include non solo studenti e personale scolastico "che - ha sostenuto Lazzari - va messo in grado di favorire un clima favorevole" ma anche le famiglie. Quest'ultime - ha aggiunto - "anche a causa dei dati, stanno vivendo in maniera ambivalente la situazione". Mamme e papà "da un lato hanno il desiderio che i figli tornino a scuola, perché è un luogo importante e di apprendimento e sanno che i figli hanno desiderio di rivedere i coetanei - ha concluso il presidente dell'Ordine degli psicologi -, ma dall'altro sono preoccupati perché temono non solo che la scuola sia luogo contagio, ma che ci siano poi difficoltà e che i figli non riescano ad applicare le nuove regole". (ANSA).
   

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