Umbria

Ricercatore UniPg individua farmaco per sindrome genetica

Lo studio pubblicato da 'The New England Journal of Medicine'

Redazione Ansa

(ANSA) - PERUGIA, 16 LUG - Pubblicato dalla rivista "The New England Journal of Medicine", lo studio del dottor Vasileios Oikonomou, ricercatore del Dipartimento di medicina e chirurgia dell'Università degli studi di Perugia che, in collaborazione con il gruppo di ricerca del National Institutes of Health di Washington, coordinato dal dottor Michail Lionakis, ha dimostrato che il farmaco antitumorale Ruxolitinib è in grado di ridurre significativamente i sintomi di una rara sindrome genetica, la sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 1 (Aps-1).
    "La Aps -1 è caratterizzata da una disfunzione multiorgano, che di solito inizia durante l'infanzia ed è fatale in oltre il 30 per cento dei casi - si legge in una nota dell'Università degli Studi di Perugia -. Si tratta di una sindrome ereditaria causata da un difetto genetico che porta i linfociti T del sistema immunitario ad attaccare le cellule del corpo del paziente. I sintomi caratteristici sono candidiasi muco-cutanea cronica, ipoparatiroidismo e insufficienza surrenalica, a cui si associano infiammazioni a vari organi, perdita di capelli e del colore della pelle.
    La sperimentazione condotta per oltre un anno su alcuni pazienti - prosegue la nota - sia adulti che bambini affetti da Aps-1, ha consentito di osservare come, a seguito della somministrazione di Ruxolitinib, molti sintomi correlati all'Aps -1 siano stati ridotti, tra cui la perdita di capelli, la candidiasi orale, l'infiammazione di stomaco, intestino e tiroide, e l'orticaria.
    "I dati ottenuti, che verranno sottoposti a conferma con uno studio su un gruppo molto più ampio e diversificato di pazienti, se confermati - spiega Vasileios Oikonomou - potranno avere un grande impatto socio-sanitario, perché testimoniano ancora una volta come il riposizionamento di molecole note, ovvero il loro utilizzo per malattie diverse da quelle per le quali erano state studiate all'origine, consente di ridurre i tempi di sperimentazione e gli investimenti di denaro a carico dei sistemi sanitari nel caso del trattamento delle malattie rare".
    (ANSA).
   

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