(ANSA) - PERUGIA, 11 MAG - "È un blackout comunicativo quello
che fa viaggiare su due rette parallele ospedali e servizi
sanitari territoriali dell'Umbria. Perché specialisti
ospedalieri e medici di famiglia si consultano quando un
paziente è ricoverato in appena il 16% dei casi, mentre in oltre
otto casi su dieci i pazienti arrivano in reparto senza che si
sappia nulla dei loro trascorsi in fatto di salute perché il
fascicolo sanitario elettronico non è aggiornato": è questa la
fotografia scattata dall'indagine condotta dalla Federazione dei
medici internisti ospedalieri, su un campione ritenuto
rappresentativo di strutture regionali.
"Così - sottolinea Fadoi in un suo comunicato - non ci si
deve poi stupire se in media tre ricoveri su dieci si sarebbero
potuti evitare con una migliore presa in carico dei pazienti da
parte dei servizi territoriali. Il che in numeri assoluti fa 40
mila ricoveri evitabili l'anno, pari a uno spreco di circa 120
milioni, calcolando che il costo medio di un ricovero è di circa
3mila euro. Mentre, a proposito di ricoveri impropri, sono in
media il 10% quelli di natura 'sociale' più che sanitaria. Ossia
di pazienti che si sarebbero potuti assistere anche a casa se
solo esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete
familiare in grado di accudirli"
Due mondi "quasi incomunicabili" - viene sottolineato - che
finiscono per generare accessi impropri ai pronto soccorso e
ricoveri evitabili. Problemi che solo per il 33% dei medici, a
patto di modifiche, potranno essere risolti da ospedali e case
di comunità, il fulcro della riforma sanitaria territoriale
finanziata complessivamente con oltre 7 miliardi del Pnrr.
Partendo dai ricoveri "sociali" questi rappresentano il 10%
del totale nel 66% delle strutture interpellate. Percentuale di
ricoveri impropri che è di più del 40% nel 50% dei nosocomi,
mentre in altre realtà ospedaliere la quota di ricoveri
evitabili oscilla fra il 10 e il 30%.
Variegate le azioni che a giudizio dei medici internisti
ospedalieri dell'Umbria avrebbero potuto evitare ai pazienti di
soggiornare in reparto. Per il 50% servirebbe un maggior
rapporto tra ospedale e territorio, per un altro 17% una
maggiore offerta di assistenza domiciliare integrata e per il
33% basterebbero le nuove case e ospedali di comunità.
Secondo Fadoi "per comunicare pur senza parlare uno
strumento ospedale e territorio ce l'avrebbero ed è il Fascicolo
sanitario elettronico, che dovrebbe contenere tutta la storia
sanitaria, dalle patologie alle terapie che assumiamo al momento
di finire in ospedale". "Peccato che i medici del territorio,
anche per farraginosità burocratiche, riescano ad aggiornarlo
(raramente) appena nel 16% dei casi", sottolinea ancora la
Federazione dei medici internisti ospedalieri.
Le stesse alte percentuali si ritrovano quando si tratta di
rilevare il dialogo tra medici ospedalieri e territoriali. I
primi nel 50% dei casi si consultano solo raramente con i medici
di famiglia e gli specialisti ambulatoriali quando un paziente
viene ricoverato, mentre per il 34% il consulto non avviene
proprio mai. Si verifica invece abbastanza frequentemente appena
nel 16% dei casi.
"Se questo è il presente, il futuro - secondo Fadoi - non è
tinto di rosa dalla riforma della sanità territoriale, centrata
sui maxi ambulatori aperti sette giorni su sette, ossia le case
di comunità e gli ospedali sempre di comunità che dovrebbero
accudire i pazienti che possono essere dimessi ma non sono in
grado di tornare a casa propria. Strutture che per il 67% dei
medici internisti non riusciranno ad evitare il ripetersi di
ricoveri ed accessi impropri ai pronto soccorso, mentre per il
33% potranno influire positivamente ma a patto che la riforma
venga modificata".
Come fare lo svela l'ultima sezione dell'indagine Fadoi. Per
il 50% degli internisti ospedalieri dell'Umbria occorre prima di
tutto un provvedimento, ancora mancante, che fornisca
indicazioni precise su quali professionisti del territorio e con
quale modalità debbano lavorare nelle nuove strutture, mentre
per il 33% occorrono regole che disegnino il rapporto tra queste
strutture e l'ospedale. Per un altro 17% servono piattaforme
informatiche comuni tra ospedale e strutture del territorio,
perché anche qualora i medici schierati in quest'ultimo
aggiornassero il fascicolo sanitario elettronico, c'è da dire
che oggi in molti casi i sistemi informatici delle varie
strutture sanitarie, anche di una stessa regione, non comunicano
tra loro.
"Nell'ultimo anno in Umbria si è assistito, tuttavia, ad una
iniziale inversione di tendenza, con aumento della disponibilità
di posti letto nelle strutture territoriali - afferma in una
nota della Fedreazione il presidente Fadoi Umbria, Marco
Giuliani - che riescono ad alleggerire la pressione sugli
ospedali principali regionali. Molto c'è da fare ma si intravede
una luce alla fine del tunnel. Proprio in questa ottica
dall'autunno 2023 Fadoi Umbria ha iniziato un progetto
itinerante di incontro nelle principali città della regione tra
medici internisti ospedalieri e medici di medicina generale per
cercare di ridurre, la distanza tra ospedale e territorio ed
iniziare a costruire insieme un nuovo rapporto di
collaborazione", (ANSA).
Per medici internisti ospedale e territorio non comunicano
Secondo Fadoi si consultano per 'appena' il 16% dei ricoverati