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Usa 2024, Trump stravince e torna al potere: 'Fermerò le guerre'

Il 47mo presidente: 'Abbiamo fatto la storia, l'ha voluto Dio'. Harris si congratula col tycoon e ai sostenitori dice: 'Accetto la sconfitta ma non la fine della lotta per la nostra libertà'

Redazione Ansa

"Abbiamo fatto la storia stasera superando ostacoli che nessuno pensava possibili. L'America ci ha dato un mandato potente e senza precedenti, manterrò le promesse sistemando tutto e fermando le guerre". Circondato dalla royal family al completo sul palco dell'affollatissimo e festante Convention Center di Palm Beach, con Melania e la rediviva Ivanka, Donald Trump ha improvvisato così il discorso della vittoria dopo che la Fox l'aveva appena incoronato 47esimo presidente americano con la conquista di tutti gli Stati in bilico: preludio di un trionfo a valanga che alla fine comprenderà anche il Senato e probabilmente la Camera, nonché il voto popolare come non accadeva dal 2004 con George W. Bush, smentendo ancora una volta tutti i sondaggi fermi sino alla vigilia su una corsa testa a testa.

"Il più grande comeback della storia americana", ha esultato dopo di lui il 40enne Jd Vance, diventato il terzo vicepresidente più giovane della storia Usa. Un commento usato da molti dei leader mondiali che si sono precipitati a congratularsi con il tycoon: dagli entusiasti Benyamin Netanyahu e Viktor Orban, ai più preoccupati dirigenti di altri Paesi europei, che temono ora la scure dei dazi, l'indebolimento della Nato e l'abbandono dell'Ucraina nelle braccia di Vladimir Putin, l'unico per ora a non felicitarsi con un Paese "ostile" coinvolto nel conflitto.

In effetti quella di Trump è stata una vera e propria impresa storica che ha umiliato tutti i suoi nemici, perché è riuscito a tornare alla Casa Bianca a 78 anni (quando giurerà, il prossimo 20 gennaio, sarà il presidente più vecchio ad insediarsi) sfidando ogni regola del politicamente corretto, sopravvivendo a due impeachment, vari processi (ancora pendenti), due condanne penali e vari scandali. Dopo l'assalto al Capitol del 6 gennaio 2021 sembrava un cadavere politico, abbandonato anche dal suo partito, che invece è riuscito a riconquistare e plasmare a sua immagine e somiglianza. Fondendolo quasi col suo movimento Maga e imbarcando nella sua avventura l'uomo più ricco del pianeta (Elon Musk) e un Kennedy, anche se reietto. Una rivincita incredibile, che lo rende il primo presidente a ricoprire due mandati non consecutivi dopo il dem Stephen Grover Cleveland (ma eravamo a fine '800). Una resurrezione grazie ad un miracolo. Sì perché, è la convinzione di Trump, il mandato che ha ricevuto non arriva solo dal popolo: "Molte persone mi hanno detto che Dio mi ha risparmiato la vita per un motivo. Quel motivo era salvare il nostro Paese", ha ribadito nel suo discorso a Palm Beach, rievocando l'attentato cui è sopravvissuto e promettendo all'America "una nuova età dell'oro".

Il tycoon ha così infranto nuovamente il sogno di una donna di rompere il soffitto di cristallo, questa volta quello di Kamala Harris, che ha preferito non presentarsi nella notte alla sua Howard University rimandando al giorno dopo il discorso di accettazione della sconfitta e la telefonata di congratulazioni all'avversario. La candidata dem ha pagato razzismo e misoginia, la scarsa mobilitazione delle donne, ma anche la debolezza della sua campagna e le "grosse responsabilità" di un Joe Biden ostinato a rimanere in corsa nonostante l'età.
Trump ha vinto cavalcando su economia e immigrazione le paure di un'America bianca smarrita, aumentando il consenso anche tra neri e latinos. E addirittura raddoppiando i consensi in roccaforti dem come New York City o sbancando simbolicamente Springfield, la città dell'Ohio dove aveva accusato gli haitiani di mangiare cani e gatti dei residenti. The Donald si prepara così ad entrare alla Casa Bianca con poteri quasi illimitati se avrà il controllo dell'intero Congresso, dato che la Corte suprema ha già una maggioranza conservatrice. Ed è stato lui stesso a dire già come intende muoversi, magari facendo il dittatore, "anche se solo il primo giorno": usare il dipartimento di giustizia contro i "nemici interni", impiegare l'esercito contro le rivolte, licenziare migliaia di dipendenti pubblici di carriera se "sleali", lanciare la più grande deportazione di massa della storia con una caccia al clandestino in tutto il Paese, sigillare i confini col Messico e mettere fine alle città santuario. Oltre a una massiccia deregulation abbandonando la lotta al cambiamento climatico e favorendo un altro taglio delle tasse assieme a una crociata anti woke e anti transgender nelle scuole, nello sport, nelle forze armate.

"L'America si affida a un uomo forte", è il titolo di una analisi del New York Times, secondo cui "questa è stata una conquista della nazione non con la forza ma con un permesso firmato. Ora l'America è sul precipizio di uno stile autoritario di governo mai visto prima nella sua storia di 248 anni", scrive l'autorevole quotidiano liberal. "A differenza del 2016, quando ha segnato una vittoria elettorale a sorpresa ma ha perso il voto popolare, Trump andrà a Washington in grado di rivendicare un ampio mandato". Del popolo. E di Dio.

Harris: 'Accetto la vittoria di Trump ma non la fine della lotta'

di Benedetta Guerrera

"Accetto la sconfitta ma la lotta per la libertà e per l'America non finisce qui". La guerriera gioiosa ha perso la battaglia più importante della sua vita, distrutto i sogni suoi e di milioni di americani e provocato un bagno di sangue democratico attraverso tutta l'America, ma non ha perso una grinta. Dopo una notte in silenzio, Kamala Harris ha chiamato il suo rivale Donald Trump per congratularsi, concedergli la vittoria e discutere di una "transizione pacifica" del potere (a parti invertite, per usare un eufemismo, non sarebbe stato così scontato). E poi è andata tra la sua gente alla Howard University che l'attendeva da ore e l'accolta con amore.

"So che avete sentimenti contrastanti. Ma dobbiamo accettare il risultato del voto", ha detto la vice presidente sottolineando che questo fa la differenza tra "democrazia e tirannide", con una neanche troppo velata frecciata all'atteggiamento del presidente eletto Trump quattro anni fa. "Sono fiera della nostra campagna e di come l'abbiamo condotta, uniti dall'amore per il Paese, dall'entusiasmo e la gioia per il futuro dell'America", ha dichiarato ancora la democratica. Eppure qualcosa chiaramente non ha funzionato se, per la seconda volta, i democratici non sono riusciti sfondare il soffitto di cristallo, nonostante l'impegno della candidata e del suo staff, la parata di celebrities e rockstar salite sui palchi della campagna e le donazioni milionarie.

Intanto il fattore Joe Biden, l'anziano commander-in-chief che si è ostinato a ricandidarsi salvo poi ritirarsi a quattro mesi dalle elezioni dopo un dibattito disastroso, quando ormai la gara era forse già irrecuperabile. Tracotante lui e poco incisivi i big del partito che non lo ha silurato un anno fa, a partire da Barack e Michelle Obama fino a Nancy Pelosi. Alla vicepresidente non è restato che assumersi questa responsabilità e condurre la campagna più breve della storia.

Certo l'errore più grande e, forse fatale, di Harris è stato quello di non prendere subito e in modo forte le distanza dal suo boss, se non timidamente nelle ultime settimane di campagna. Per gli esperti, avrebbe dovuto mostrare un taglio netto con la precedente amministrazione soprattutto sull'economia e la guerra a Gaza, due temi che le sono costati milioni e milioni di voti e Stati in bilico come la Pennsylvania e il Michigan. Sul Medio Oriente Harris si è giocata sia il sostegno degli arabo-americani, che non le hanno perdonato l'appoggio quasi incondizionato ad Israele, sia degli ebrei conservatori che hanno imputato al governo democratico un crescente antisemitsmo negli Stati Uniti dopo gli attacchi del 7 ottobre.

Quanto all'economia, un analista ha sintetizzato che "gli americani votano con il portafoglio", per spiegare che la sconfitta della democratica è stata principalmente causata da una congiuntura peggiore rispetto ai quattro anni di governo Trump e al costante aumento dei prezzi, complici naturalmente gli effetti della pandemia di Covid e due guerre, in Ucraina e a Gaza. Harris non solo ha ereditato da Biden un Paese in condizioni difficili ma ha anche pagato la crescente impopolarità del presidente, che le si è appiccicata addosso come una lettera scarlatta. Un altro fattore cruciale per la sconfitta della democratica è stata la battaglia dei sessi, gli uomini contro le donne. Harris, che con la scelta di Tim Walz sperava di attirare anche una parte di elettori più moderati, alla fine non è riuscita a convincere né i maschi bianchi, né i neri, né quelli latini.

E questo è avvenuto soprattutto nelle grandi città come Filadelfia, Detroit e Milwaukee, dove nel 2020 Biden aveva conquistato il 90% del voto black. Ma anche le donne hanno tradito la candidata, almeno il 52% di quelle bianche. Nonostante la battaglia sui diritti riproduttivi, all'aborto hanno preferito alla vice presidente un uomo di 78 anni che ha contribuito a dare il via libera ai tanti divieti sull'interruzione di gravidanza nel Paese, è stato condannato per violenza sessuale ed ha alle spalle una serie di comportamenti molesti nei confronti delle donne. Tra le ragioni della debacle, qualche osservatore ha fatto anche notare una mancanza di spontaneità da parte della democratica che, ad esempio, raramente in questi mesi di campagna ha raccontato la storia della sua famiglia: il padre giamaicano e la madre indiana che sono emigrati negli Stati Uniti e sono riusciti a realizzare il loro sogno americano. Una storia di riscatto e speranza realizzata, non solo una parola, che Harris avrebbe potuto cavalcare di più per convincere gli americani a scegliere il suo sogno di un'America diversa da quella di Trump.

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