"Si era limitato a chiedere loro il voto, ma tale condotta non pare illecita, perché è espressione di una legittima attività di propaganda elettorale, dal momento che nulla vietava all'imputato di pubblicizzare la propria candidatura presso amici e conoscenti, fra cui certamente anche i colleghi di lavoro". Lo scrive il gup Davide Paladino nelle motivazioni della sentenza con cui lunedì primo luglio ha assolto Domenico Avati, di 53 anni, dipendente del Casinò di Saint-Vincent e candidato nell'Union valdotaine alle elezioni regionali del 2018 (è il terzo escluso con 815 voti) dall'accusa di corruzione elettorale "perché il fatto non sussiste".
"L'ipotesi accusatoria risulta pertanto priva di alcun riscontro probatorio", aggiunge il giudice (lo stesso pm Luca Ceccanti aveva chiesto l'assoluzione). Nell'agenda di Avati sono state trovate liste di persone, "fra cui numerosi dipendenti del Casinò" a cui "aveva consegnato materiale elettorale", dei "santini" in cui "non compare" il nome "di Baccega".
L'indagine era scaturita da un'intercettazione dell'inchiesta 'Do ut des', che riguarda un presunto giro di corruzione con epicentro il comune di Valtournenche: nella telefonata dell'aprile 2018 un libero professionista riferiva a un attuale consigliere regionale di pressioni ricevute da un altro dipendente della casa da gioco da parte di Avati. Sentito dal pm a novembre, il professionista non ha però confermato né la richiesta di votare per la terna composta da Avati, Augusto Rollandin e Mauro Baccega né le eventuali 'punizioni' per chi avesse fatto scelte elettorali diverse. Inoltre, ha dichiarato il pm, il professionista era "uso effettuare, nel corso di conversazioni telefoniche, illazioni infamanti sul conto di persone terze limitandosi a riportare 'voci'". Lo stesso dipendente della casa da gioco ha detto al pm: "Avati non mi ha fatto ricatti o pressioni" e "non mi ha detto di votare oltre a lui Rollandin e Baccega".
Nessuno degli altri lavoratori del Casinò sentiti dalla procura ha riferito di "promesse" come "assunzioni a tempo indeterminato o progressioni di carriera" da parte di Avati, né di "conseguenze lavorative negative" a seconda del loro voto. A conclusione analoghe è giunta l'azienda Casinò con l'indagine interna in cui ha sentito 34 dipendenti. Inoltre dal giugno del 2017 Avati aveva "nulle o scarse" possibilità di influire sulle assunzioni: non si occupava più, ricorda il giudice, di risorse umane ma aveva mansioni di responsabile della 'gestione ingressi e introiti di gioco'. Avati era difeso dagli avvocati Corinne Margueret e Alessandra Fanizzi.
Gup, Avati chiedeva solo il voto
Motivazioni sentenza, sui 'santini' non c'era nome di Baccega