"Molti uomini con incarichi istituzionali andavano a parlare con Antonio Raso perché lì sapevano che c'era la 'ndrangheta? Tutti sanno che la pizzeria è un importante punto" di riferimento "della comunità calabrese, tutto qui. C'è questo senso di presunzione di orgoglio del fatto 'io sono calabrese, voglio" vedere "delle persone calabresi all'interno dell'Union valdotaine, del consiglio comunale, del consiglio regionale'", una "questione di prestigio".
Secondo il legale "la procura di Torino non ha il polso, o meglio il polso ce l'ha sulla base" di quanto ricostruito "dai carabinieri di Aosta. Ma in realtà nessuno ha mai sentito dire di avere la percezione di una locale di 'ndrangheta ad Aosta, in particolare per quanto riguarda Raso". Quindi "siamo in presenza di malcostume ma non di un'associazione di stampo mafioso". In questo senso "c'è stata un'esagerazione per cercare di tenere in piedi alcuni aspetti", come il caso del "falegname", "al sud definito anche mastro" e che nelle carte della procura diventa un "mastro di giornata", incarico della 'ndrangheta.
L'avvocato Rebecchi ha affermato che "non è stato accertato niente", a partire dal "taglio della coda" (affiliazione alla 'ndrangheta) di Alessandro Giachino: è questo "il pericolo di fare questi processi basandosi solo sulle intercettazioni". E poi "come si fa a dire che Prettico entra nella massoneria per avere un'influenza sul territorio valdostano" se la loggia è di Gibuti? Il legale ha definito"un colpo di teatro" lo "scarrellamento di un'arma" segnalato dal pm Stefano Castellani durante l'intercettazione sul "taglio della coda" per smentire la tesi dello "scherzo" sostenuto dalle difese: "nel corso della registrazione - ha sottolineato Rebecchi - ci sono altri rumori di fondo, si sentono analoghi scarrellamenti".
'Ndrangheta: difesa Prettico, cosca? Solo orgoglio calabrese
"Accusa ha dipinto un malcostume come un'associazione mafiosa"