(di Enrico Marcoz)
"Sono e resto convinta che Anna Maria Franzoni sia colpevole. Non perché è stata condannata in tutti i gradi di giudizio, ma perché c'erano le prove".
"Di quel giorno ho pochi ricordi - racconta all'ANSA -, la dottoressa Cugge non riusciva a mettersi in contatto telefonico.
E' riuscita a parlare con la segretaria e le ha detto di avvisarmi, ma lei si è dimenticata. Così ho avuto la notizia solo alla sera. Sono caduta dalle nuvole". Da Roma arrivavano richieste di maggiori informazioni. "Non eravamo in grado di dare notizie precise. La dottoressa Satragni sosteneva che al bambino era esplosa la testa mentre i medici dell'ospedale dicevano che era un atto violento. Bisognava aspettare l'autopsia" spiega l'ex procuratore, oggi in pensione. Che aggiunge: "Le famiglie di Cogne si sono allarmate, pensavano ci fosse in giro per il paese un 'mostro'. Sono andata in tv per tranquillizzare la popolazione".
"All'inizio - spiega Del Savio Bonaudo - non ho mai detto che era stata la mamma. Abbiamo fatto tutte le indagini possibili, abbiamo sentito e monitorato tutti i possibili 'sospetti' indicati dalla famiglia. Poi i Ris hanno rilevato il sangue sulle ciabatte ed è stato trovato il pigiama sotto le lenzuola.
Insomma si è chiarito che non poteva che essere stata la madre.
Avevamo le prove, sono state raccolte bene. Rispetto ad altre inchieste simili questa non è stato possibile scalfirla".
A pesare è stata la pressione mediatica? "Questa vicenda è diventata complessa per una serie di motivi, dall'interesse mediatico alla commozione che ha destato nei cittadini. Tutti ci chiedevano una risposta veloce ma per dare una risposta ci voleva il tempo di fare le indagini. Quello che mi ha fatto più male è stata la pubblicazione su alcuni quotidiani della notizia che l'assassino indossava il pigiama. Noi lo sapevamo perché ci era stato anticipato ma non potevamo chiedere una misura cautelare sulla base di informazioni orali, avevamo bisogno di una relazione scritta. La gente si chiedeva come mai non l'arrestavamo. E' stato un momento difficile. Anche per l'immagine di inefficienza o incapacità che potevamo dare. Non sapevo chi avesse fatto trapelare la notizia, l'ho scoperto anni dopo: era stato un mio sostituto procuratore, forse deluso perché non gli avevo affidato il caso, e questo mi ha fatto ancora più male".
"Sulle indagini c'era molta fretta - continua l'ex magistrato - ma non è che sono durate un'eternità. Bisogna fare attenzione a tutto, penso alla scarcerazione disposta dal tribunale del Riesame: il medico legale, contrariamente a quello che ci aveva detto a voce, aveva scritto che il decesso era avvenuto quando la madre era fuori casa e quindi i giudici avevano dedotto che non era stata lei. Così abbiamo scoperto il punto 'sbagliato' delle indagini".
Mai avuto dubbi sulla conduzione delle indagini? "Era un omicidio, seppur brutto ed eclatante. Era un'indagine di intelligenza, attenzione e puntigliosità. La dottoressa Stefania Cugge è un ottimo magistrato e lo ha dimostrato. Non ho mai pensato di sostituirla. Sono una donna e so cosa ho passato da parte degli uomini che volevamo farmi fare la serva in ufficio.
Cugge è stata magistrale, anche nel ricorso in Cassazione. Dovevo dare le indagini a un altro solo perché maschio?".