Valle d'Aosta

Protesta in carcere a Brissogne, fiamme e lancio di oggetti

Richiamati agenti fuori servizio, intervenuti vigili del fuoco

Redazione Ansa

Il carcere di Brissogne ieri è stato teatro di una protesta da parte di alcuni detenuti.
    Secondo quanto si è appreso da fonti informate, tutto è iniziato quando un recluso si è arrampicato su un muro. Questo gesto ha scatenato la protesta di altri detenuti, che hanno iniziato a lanciare oggetti fuori dalle proprie celle. Alcuni hanno anche appiccato fuoco a degli indumenti.
    Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco per monitorare la situazione. E' stato anche necessario richiamare appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria che erano fuori servizio. Gli animi si sono poi placati solo nella tarda serata. Non si sono registrati feriti.
    Negli ultimi due giorni si sono verificate proteste nella casa circondariale di Vercelli e in quella di Cuneo e una rivolta nel carcere di Trieste. 
   

Sappe, il carcere di Brissogne ancora sotto scacco di facinorosi

“Ancora una volta l'istituto è rimasto sotto scacco di alcuni facinorosi che hanno sobillato i compagni creando una situazione esplosiva che solamente la grande professionalità e abnegazione della Polizia penitenziaria ha evitato che terminasse in eventi drammatici, il tutto nell'indifferenza dei superiori uffici che raramente tengono conto delle richieste di allontanamento di determinati individui”. Così il segretario nazionale Sappe Vicente Santilli dopo le proteste che hanno interessato ieri la casa circondariale di Brissogne. “Un sincero ringraziamento - aggiunge il segretario generale Sappe, Donato Capece - a tutto il personale intervenuto ad Aosta che con grande sacrificio ha prestato la sua opera in condizioni difficilissime”.

   La protesta è nata dopo che un detenuto “è salito sul muro per protesta (emulando un compagno che qualche giorno fa fece la medesima cosa) rimanendo arrampicato sino a notte inoltrata”, riferisce il segretario provinciale del Sappe, Massimo Chiepolo. All’origine del gesto del recluso, fa sapere l’Osapp, ci sarebbero motivi “da ricercarsi nel fatto che gli vengano negati, a suo dire, alcuni diritti/benefici”.

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