Valle d'Aosta

Zone franche, in Valle d'Aosta sì a proposta di legge statale

"Statuto inapplicato, 30 milioni annui per le zone svantaggiate"

Redazione Ansa

Il Consiglio regionale della Valle d'Aosta ha approvato, con la sola astensione del gruppo Progetto civico progressista, una proposta di legge statale che riguarda l'istituzione di zone produttive speciali e zone franche montane all'interno della regione autonoma. L'iniziativa legislativa è stata presentata dal gruppo Rassemblement Valdôtain (Rv) il 13 ottobre scorso ed è stata integrata da un nuovo testo della prima Commissione, composto di nove articoli, a seguito di una serie di emendamenti depositati dai proponenti unitamente ai gruppi di maggioranza. L'assemblea ha anche deliberato di inviare il testo di legge sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica per il prosieguo dell'iter in Parlamento.
    Il testo "cerca di attuare le disposizioni del nostro Statuto speciale che, fino ad ora, non sono state pienamente applicate", ha detto Stefano Aggravi (Rv), illustrando i contenuti in aula.
    L'onere "è quantificato forfettariamente in 30 milioni di euro annui in riduzione del contributo dovuto dalla Regione quale concorso al pagamento degli oneri del debito pubblico stabilito a decorrere dal 2022".
    Il testo legislativo mira a "compensare gli svantaggi strutturali propri del territorio della Valle d'Aosta attraverso l'istituzione di zone produttive speciali (Zps), per il sostegno e lo sviluppo di attività produttive ubicate in zone strutturalmente svantaggiate del territorio regionale, e zone franche montane (Zfm)". 

   Il presidente della Regione, Renzo Testolin, ha ricordato che “questo tema fa parte del patrimonio politico di molti gruppi politici di questo Consiglio”, infatti “il governo e la maggioranza lo hanno indicato nelle priorità del programma di legislatura. La mozione approvata lo scorso anno ci impegnava a intraprendere questo percorso di approfondimento e noi abbiamo scelto di seguire parallelamente le due strade: quella della proposta di legge statale che stiamo discutendo e quella del provvedimento attuativo del nostro Statuto. Non è un percorso facile, ma abbiamo il dovere di dialogare con lo Stato per poter applicare il principio delle zone franche sul nostro territorio. È vero che non è questo il concetto originario di zona franca, ma oggi le esigenze dei comuni sono diverse ed è su queste differenze che occorre lavorare”.

   “Siamo di fronte a sfide importanti - ha detto il vice capogruppo della Lega Vda, Erik Lavy - ed è bene fare pressione sui nostri Parlamentari ma i ‘nemici’ sono più all'opposizione che al governo e quindi tutte le forze politiche presenti in quest'aula dovrebbero intervenire con i loro referenti romani. Sosterremo questa proposta che potrà dare delle risposte alla nostra regione anche se non basterà per invertire la rotta per contrastare lo spopolamento della montagna e la desertificazione commerciale”.   

   Per Corrado Jordan (Uv) il tema “è l'occasione per dare vita ad un dibattito serio sulle politiche che vogliamo avviare per sostenere il ‘vivere in montagna’, aiutando zone della Valle che soffrono di più rispetto ad altre, per migliorare la qualità della vita e fare in modo che le differenze tra i territori siano minime, per invertire un pericoloso trend di calo demografico i cui effetti sono più evidenti nelle zone più marginali”.

   “Il testo di Commissione ha raccolto elementi perfezionanti del testo originale e di condivisione - ha sottolineato Paolo Cretier, capogruppo di Fp-Pd - in un approccio che tende a sostenere le attività locali e che impegna le persone fisiche anche al trasferimento della residenza e a mantenerla per dieci anni, per contrastare anche l'abbandono e il calo demografico in un complesso di sviluppo imprenditoriale e occupazionale”.

   Secondo Pierluigi Marquis, capogruppo di Forza Italia, “questa proposta afferma che il nostro territorio ha delle differenze, nonostante sia piccolo, e deve essere amministrato in modo differenziato: dobbiamo perseguire questo obiettivo cambiando modello di amministrazione, realizzando non più una distribuzione a pioggia ma selettiva sul territorio, dando così la possibilità di intervenire sul tessuto produttivo e sulle singole realtà se vogliamo dare rilancio all'economia della nostra Valle”.

   Luciano Caveri (Uv), intervenendo dai banchi dei consiglieri, ha ricordato che “la questione della zona franca è una storia antica e parte dall'articolo 14 del nostro Statuto speciale” e che “il concetto di zona franca intesa come ‘dogana a Pont-Saint-Martin’ oggi non è più praticabile anche rispetto al contesto eurounitario che ha abolito dazi e frontiere interne. È giusto quindi trovare altre forme di zona franca per evidenziare la vocazione significativa delle aree montane, su cui dovrebbe intervenire la Commissione europea con una direttiva ad hoc”.

   Chiara Minelli (Pcp), pur condividendo “il principio che occorra intervenire rispetto a delle realtà comunali dove c'è desertificazione commerciale e spopolamento”, ha rilevato che “lo strumento proposto oggi non ci sembra particolarmente efficace”. In questo senso “il punto di partenza è alto e ambizioso, ma quando si scende a terra non tutto quadra: il primo problema sta nel fatto che l'articolo 14 afferma che il territorio della Valle d'Aosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca, mentre la proposta di legge che stiamo affrontando non riguarda tutta la Valle, ma solo dei comuni o delle aree. Inoltre, all'interno di queste aree non si prevede la scomparsa delle imposte, ma si interviene con una riduzione: non si tratta quindi di zone franche ma di aree dove la tassazione è ridotta”.

   “Il testo - ha dichiarato Erik Lavevaz (Uv) - mette in discussione degli aspetti finanziari tra Regione e Stato e il nostro rapporto con esso e credo che questo Consiglio regionale dovrebbe lavorare di più in questa direzione, per fare proposte più audaci cercando sempre di mantenere, o addirittura ricostruire rapporti privilegiati con governo e Unione Europea”.

   Simone Perron (Lega Vda) ha apprezzato “l'approccio pragmatico utilizzato nella stesura del testo e lo sforzo fatto per attualizzare un principio importante del nostro Statuto: lo sforzo riformistico è l'attività più elevata per una classe politica degna di questo nome".

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