Oltretevere

Studio Diocesi Roma, i nuovi italiani sospesi e discriminati

La cittadinanza vista come "un patto di reciprocità"

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 05 NOV - Confusi, "sospesi", spesso discriminati: sono i nuovi italiani che vivono nella diocesi di Roma. "Rischiano di apparire troppo italiani agli occhi della propria famiglia e troppi stranieri agli occhi degli autoctoni.
    Vedono la cittadinanza come un patto di reciprocità con la comunità in cui vivono e non una concessione elargita dallo Stato". E' quanto emerge da uno studio promosso dalla Diocesi di Roma e realizzato dall'Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, attraverso l'analisi di 119 rilevazioni, faccia a faccia, con giovani di 21 diversi Paesi. Il dossier viene presentato oggi nella parrocchia di San Giuseppe Cafasso, a Torpignattara.
    "Le traiettorie di vita dei nuovi italiani sono molto eterogenee e necessitano di percorsi di inclusione modulati sui differenti vissuti" ma a tutti i giovani intervistati è comune "quella particolare condizione di 'sospensione' che, a livello sia sociale sia culturale, rende questi giovani né totalmente parte del Paese di insediamento né totalmente parte della società di provenienza dei loro genitori". "È così che la coesistenza di codici, valori, modelli dell'una e dell'altra società (quella di origine e quella ospitante) rende ancora più complesso - si legge nello studio - il processo di graduale costruzione della propria identità personale che ogni adolescente si trova a vivere".
    E' quindi "importante, sulle tracce di quanto hanno suggerito gli stessi intervistati, creare occasioni di ascolto, a iniziare dalle scuole e dalle parrocchie".
    Per questi giovani italiani il ruolo della famiglia è "centrale", "più di uno tra loro definisce sacro".
    I nuovi italiani dichiarano poi di "essere stati talvolta vittima di episodi di discriminazione da parte sia dei compagni di classe che dei professori. Discriminazioni che, in un limitato numero di casi, si sono presentate anche in ambito universitario e lavorativo".
    Le comunità etniche cattoliche sono da sempre un punto di riferimento per i migranti nel Paese di arrivo grazie all'offerta di un supporto, materiale e simbolico. "Se tale funzione risulta efficacemente espletata per la prima generazione di migranti, è meno scontata per i giovani di seconda generazione che in alcuni casi avvertono il ruolo dell'istituzione religiosa come costrittivo e inadeguato. Allo stesso tempo, però, la comunità cattolica 'nazionale' è per i nuovi italiani un punto di incontro con coetanei che condividono la stessa esperienza", conclude il rapporto. (ANSA).
   

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