(ANSA) - CITTÀ DEL VATICANO, 15 MAG - La persecuzione contro
la Chiesa cattolica, ma anche le altre fedi, conobbe in Albania,
una stagione drammatica, quella della dittatura comunista di
Enver Hoxha che nel 1967 dichiarò il suo Paese il primo Stato
ateo del mondo. Tutte le chiese vennero distrutte.
A dieci anni dalla visita di Papa Francesco a Tirana, nel
corso della quale rese omaggio ai tanti martiri cristiani di
quegli anni, viene pubblicato in Italia il libro "Dal profondo
dell'infermo ho visto Gesù Crocifisso. Un sacerdote nelle
prigioni comuniste albanesi" (edizioni Cantagalli). L'autore è
dom Simone Jubani e il libro è un vero e proprio diario delle
sofferenze di quegli anni. Dom Jubani ha subito ventisei anni di
carcere solo perché sacerdote. Una sorte che toccò alla maggior
parte dei religiosi in quegli anni.
Nel libro dom Simon, che è morto nel 2011 ad 84 anni,
racconta la sua vita e il lungo periodo trascorso nelle carceri
comuniste albanesi, dove subì torture tali da perdere tutti i
denti. Arrestato e rinchiuso nel carcere di Burrel, in una cella
di otto metri per quattro con altri 36 prigionieri, dom Simon e
i suoi compagni vennero picchiati, torturati e vessati senza
motivo e alcuna pietà. Durante la prigionia dom Simon scrisse
queste sue memorie, per evitare che quanto subirono lui e i suoi
compagni venisse cancellato dalla memoria e dalla storia.
Dom Jubani era nato a Scutari l'8 marzo 1927. A 16 anni
iniziò la Scuola apostolica dei gesuiti. Dopo la chiusura delle
scuole cattoliche, nel marzo 1946 passò al Liceo statale.
Successivamente si trasferì a Tirana. Dopo aver lavorato per un
periodo nell'ospedale militare della capitale, venne mobilitato
nell'esercito. Nel 1957-'58 ricevette gli ordini sacerdotali e
fu inviato come parroco a Mirdita, dove venne arrestato e
imprigionato per 26 anni. Il 4 novembre 1990 celebrò la prima
messa pubblica, nella cappella bruciata del cimitero di Rrëmaj,
alla presenza di centinaia di fedeli.
"Dom Simon Jubani - sottolinea nella presentazione monsingor
Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult - è stato uno dei
tanti custodi silenziosi della fede" ed "è stato anche tra
coloro che hanno reso possibile la ripresa di una pratica
religiosa molto viva nel nostro Paese alla fine della dittatura,
malgrado il clima di terrore fosse ancora forte, anche dopo la
morte del dittatore". Mons. Massafra pensa anche al presente e
lancia un monito: "La libertà è fragile e, di fatto, non la si
acquisisce mai definitivamente. Sta quindi a ciascuno di noi
difenderla da tutti i fanatici e dalle ideologie che cercano di
distruggerla". (ANSA).
L'Albania e la Chiesa perseguitata, le memorie di un sacerdote
Un libro sulla storia di dom Jubani negli anni della dittatura