(ANSA) - ROMA, 06 DIC - Si materializzava per offrire aiuto a
chi era in difficoltà e poi spariva, senza lasciar tracce e
senza rivelare il suo nome. L'Angelo Invisibile di Milano,
finito in tv e sui giornali per il mistero che lo avvolge da
anni, ha svelato il suo nome: si tratta dell'architetto Roberto
Bagnato e, per rendere nota la sua identità, ha scelto l'ultimo
incontro del ciclo 'Conosciamoci Meglio', organizzato da Bayer a
Milano, in occasione della 34/ma Giornata mondiale del
volontariato, che si è celebrata il 5 dicembre.
Con l'avvicinarsi del Natale, e in occasione dell'ultimo
appuntamento di un ciclo avviato per i festeggiamenti dei 120
anni della presenza di Bayer nella città di Milano, l'azienda
farmaceutica ha regalato uno sguardo positivo sulla città
raccontando le 'buone notizie' di cittadini esemplari. Tra
questi, Roberto Bagnato, ideatore e fondatore di 'Fondazione
Condividere', che finanzia attività di sostegno immediato al
reddito e progetti finalizzati al raggiungimento di un'autonomia
economica dei soggetti coinvolti. "E' iniziato tutto del 2004 -
ha spiegato -, leggendo un articolo di una persona in difficoltà
sul Corriere della Sera, da lì ho poi continuato a dispensare
aiuti, senza svelare il mio nome, ma dando alle persone la
spinta necessaria per ripartire. In questi 15 anni ho incontrato
e centinaia di persone e di ogni età".
All'appuntamento organizzato da Bayer Italia dal titolo "A
Natale solo buone notizie: Conosciamo le storie di chi fa del
bene in città", ha partecipato anche Alberto Sinigallia, che da
35 anni assiste le persone senza fissa dimora sotto la Stazione
Centrale di Milano e che nel 1994 ha creato la Fondazione
Progetto Arca, che oggi, grazie a 400 dipendenti e altrettanti
volontari, accoglie nei propri dormitori ben 1700 persone ogni
giorno. Infine, a raccontare la propria esperienza sono stati
Francesca Fedeli e Roberto D'Angelo, co-fondatori di
FightTheStroke.org, che supporta i giovani sopravvissuti
all'ictus e con Paralisi Cerebrale Infantile, come il loro
piccolo Mario. La coppia ha saputo trasformare un evento tragico
in un'occasione per sviluppare progetti di eccellenza in campo
digitale e scientifico. "Non è stato semplice - dice Francesca.
All'inizio eravamo arrabbiati: perché era successo a noi? 'Fuck
the stroke' era diventata la nostra parola d'ordine, e c'è
voluto tempo prima di riuscire a creare la sua versione,
combattiva, ma meno aggressiva, 'Fight the stoke'". (ANSA).