'Villes sans bidonvilles', lanciato nel 2004 all'indomani degli attacchi terroristici di Casablanca, doveva concludersi nel 2012. Invece, a 14 anni dall'avvio, solo 58 città su 85 sono state interessate dal provvedimento di bonifica che prevede l'abbattimento dei quartieri più degradati e il trasferimento degli abitanti in case popolari di nuova costruzione, nell'ambito di un più ampio progetto di contrasto al terrorismo.
Il 16 maggio del 2003, quando il Marocco scoprì di avere cresciuto in casa i kamikaze di Casablanca, lo choc fu grande.
Le esplosioni provocarono 41 morti e un centinaio di feriti. I cinque attentatori suicidi provenivano da Sidi Mimoun, una delle periferie più degradate della città, un quartiere costruito attorno alla discarica della megalopoli da 8 milioni di abitanti. Fu allora che il Marocco varò il progetto, per migliorare le condizioni abitative ed evitare un altro 16 maggio.
Da allora, gli intoppi si sono moltiplicati: 251.000 traslochi non rappresentano neanche il 66% del totale delle famiglie da trasferire. Nell'ultimo decennio sono aumentate le famiglie bisognose e se ne sono aggiunte 120mila, ma i cantieri non sono riusciti a mantenere il passo e l'accompagnamento sociale, utile al reinserimento, non si è visto. Inoltre, i nuovi appartamenti sono spesso in contesti isolati, privi di servizi: paradossalmente, migliora la casa, ma la zona può essere addirittura peggiore di quella della baraccopoli, troppo lontana dal centro vitale delle città e sicuramente distante dai bacini di attività industriale, agricola o commerciala che di solito fanno fiorire anche le bidonville.
Il costo totale dell'operazione è di 32 miliardi di Dirham (3 miliardi di euro circa). Il ministro all'Urbanistica, Abdelahad Fassi-Fehri, ha promesso di rivedere il programma, almeno nella sua parte operativa. Anche nelle città dove il piano è in corso, lo stato di avanzamento dei lavori varia tra il 50 e il 75%.
(ANSAmed).