Si è concluso con una raffica di
condanne e un'assoluzione il processo, celebrato a Napoli con il
rito abbreviato, sugli appalti nel settore delle ferrovie
affidati a ditte ritenute ritenute colluse con il clan dei
Casalesi dietro il pagamento di tangenti in denaro e regali.
Il giudice Rosaria Maria Aufieri ha assolto l'imputato Luigi
Russo e condannato i restanti otto a pene variabili da 16 anni e
5 mesi a un anno e 10 mesi di reclusione.
In particolare, Dante Apicella - ritenuto un esponente di
spicco dei Casalesi - è stato condannato a 16 anni e 5 mesi e 10
giorni di reclusione; Pietro Andreozzi a un anno e dieci mesi;
Antonio e Pasquale D'Abrosca a un anno e 10 mesi; Giulio Del
Vasto a tre anni e 6 mesi; Augusto Gagliardo a 4 anni; Guido
Giardino a 2 anni e 8 mesi e Antonio Magliulo a 8 anni 10 mesi e
20 giorni di reclusione. Il giudice ha anche assolto da alcuni
capi d'accusa Dante Apicella, Antonio e Pasquale D'Abrosca,
Giulio Del Vasto, Augusto Gagliardo e Antonio Magliulo. Sospese
le pene per Andreozzi e per i D'Abrosca.
Il pm antimafia Graziella Arlomede, al termine della sua
requisitoria aveva chiesto 50 anni di carcere.
Altri 59 indagati - che hanno scelto il rito ordinario -
dovranno comparire davanti ai giudici della seconda sezione
penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Le accuse contestate dalla Dda sono, a vario titolo,
associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione,
intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta, corruzione,
riciclaggio con l'aggravante della metodologia mafiosa ma anche
rivelazione di atti coperti dal segreto delle indagini.
Uno dei tre filoni dell'inchiesta della Procura e della
Direzione Investigativa Antimafia di Napoli riguarda Nicola e
Vincenzo Schiavone, il primo ritenuto un 'colletto bianco' dei
Casalesi e padrino di battesimo dell'omonimo figlio del boss
Francesco Schiavone. Nicola Schiavone, sempre secondo gli
inquirenti, si sarebbe avvalso del clan per dare impulso alle
sue attività imprenditoriali.
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