Contenere i danni non uccidendo i lupi ma incentivando forme di prevenzione perchè la loro tutela non si può scaricare solo sugli allevatori. E' la soluzione che propongono i direttori del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (Pnlam) Dario Febbo e del Parco Gran Paradiso Michele Ottino interpellati dall'ANSA sul piano di Gestione e conservazione del lupo che tornerà in Conferenza Stato-Regioni giovedì 23 febbraio. Ci torna dopo il 'no' delle Regioni al 5% degli 'abbattimenti selettivi' previsto dal piano del ministero dell'Ambiente. Il ministro Gian Luca Galletti ha precisato che il Piano lupo ''non è l'apertura della caccia a questa specie. E nemmeno solo la selezione. Si tratta di 22 azioni che tuteleranno il lupo stesso, ad esempio contro il bracconaggio".
"Dopo 40 anni di protezione del lupo con leggi specifiche ora l'ipotesi di contenere la popolazione con abbattimenti controllati è un pugno nello stomaco", spiega il direttore del Pnlam Dario Febbo ricordando che il lupo "fa un servizio all'ecosistema perchè garantisce l'equilibrio naturale" visto che ad esempio "si nutre per il 70% di cinghiali che si sono notevolmente diffusi e fanno tantissimi danni all'agricoltura". Nel condividere il Piano, che è "ben fatto dai migliori esperti italiani ed europei della specie del lupo", Febbo e Ottino si dicono d'accordo sulla necessità di "un sistema di contenimento" altrimenti "l'aumento incontrollato della specie confligge pesantemente con l'attivita economica". Per contenere la predazione, però, ci sono diversi "meccanismi come la recinzione elettrificata, cani da guardia e guardiani", spiegano suggerendo forme di contributi per prevenire gli attacchi. Nel Pnalm ci sono 50-60 lupi (su un'area di 130mila ettari compresa la zona di protezione esterna) mentre nel Gran Paradiso il nucleo è di una decina di esemplari.
"Lo Stato e l'Europa investono molto per gli indennizzi compensativi - osserva Ottino - anche perchè le politiche hanno spinto per utilizzare i pascoli anche dove non c'è vocazione totale. Quindi occorre assistenza per misure difensive perchè l'indennizzo è un costo aggiuntivo". Quando le pecore vengono uccise dai lupi i due parchi rimborsano i danni al 100% e in tempi rapidi "considerando oltre al valore della pecora anche il lucro cessante, cioè quello che avrebbe potuto produrre. Ma molte regioni - osserva Febbo - rimborsano solo fra il 20 e il 50% e dopo 4-5 anni, e questo non può essere accettabile". Il Piemonte, ad esempio, "fa prevenzione attiva e premia gli allevatori che non hanno avuto danni o ne hanno avuti pochi, stimolandoli ad un atteggiamento attivo per prevenire il danno". Infine occorre regolamentare il fenomeno degli 'ibridi': nelle nostre foreste sull'Appennino molti cani sono tornati a vivere in stato selvatico, con modalità del branco e fanno danni anche al patrimonio zootenico. Chi deve controllare questo fenomeno? In quale percentuale dividere i danni con il lupo? Quest'ultimo - conclude - è schivo rispetto all'uomo, e si avvicina meno agli allevamenti".