Un quarto dei cetacei spiaggiati lungo le coste italiane negli ultimi anni è morto per cause imputabili all'uomo: soprattutto intrappolamento nelle reti abbandonate o in quelle illegali (come le spadare), ma anche contaminazione da plastica. Fra le cause naturali, preoccupa la diffusione del virus del morbillo dei cetacei. Lo rivela una ricerca commissionata da Greenpeace all'Università di Padova sulle principali cause di spiaggiamento dei cetacei lungo le coste italiane, e diffusa in occasione della Giornata mondiale per la conservazione della natura, il 28 luglio.
Nei giorni scorsi le spadare hanno intrappolato ben due capodogli al largo delle Eolie. L'84% di questi grandi cetacei spiaggiati tra il 2008 e il 2019 aveva nel proprio stomaco frammenti di plastica, con il ritrovamento straordinario di ben 22 chili di plastica nella femmina spiaggiata a Olbia a inizio 2019. La causa sono i grandi teli usati per l'agricoltura, le buste, i filamenti derivati dalla frammentazione della plastica, che si accumulano nei loro stomaci. Anche se non uccidono i cetacei, li debilitano, alterando la loro funzionalità intestinale, facendoli faticare per nutrirsi e favorendo l'emergere di altre problematiche.
Preoccupa i veterinari anche un virus, quello del morbillo dei cetacei, che dopo gravi epidemie di stenelle tra il 1990 e il 2008 sembra adesso riemergere tra diverse specie di cetacei, soprattutto associato ad altri stress ambientali. Cinque dei sei capodogli spiaggiati nell'estate 2019 sono risultati positivi al virus. Quest'ultimo inoltre sta facendo il "salto di specie" (come il Sars-CoV-2), arrivando a lontre di fiume e foche.