"E' importante che si esca dalla 'bolla' negoziale e si guardi alla realtà: Parigi è solo l'inizio di un viaggio molto lungo a cui serve fornire una direzione; deve mettere in moto un regime dinamico per il quale le Cop successive dovranno soltanto pensare agli strumenti operativi e alle verifiche dei risultati". Così il direttore dell'Ufficio europeo di Legambiente Mauro Albrizio, con una lunga esperienza sui negoziati 'climatici' ed analista di politiche ambientali a livello internazionale, racconta all'ANSA lo spirito della ventunesima Conferenza delle parti (Cop21) sui cambiamenti climatici di Parigi.
"Il successo di Parigi - continua Albrizio - dipende dall'impatto che avrà il 'pacchetto', contenuto nell'accordo, sul processo di 'decarbonizzazione'". Un accordo che da un lato sia "vincolante" e che abbia l'obiettivo del mantenimento dell'aumento della temperatura media globale entro i due gradi, dall'altro contenga tutta "una serie di decisioni e di passaggi" che possano dare "al processo una 'governance' basata sulla trasparenza e la verifica dei risultati raggiunti", facendo dei "check a tappe intermedie". C'è un aspetto che, secondo il direttore dell'Ufficio europeo di Legambiente, lascia immaginare come il vertice francese sul clima delle Nazioni Unite non potrà non chiudere un accordo degno di questo nome: "Quello che fa pensare alla riuscita - rileva - è anche la differenza che c'è rispetto al protocollo di Kyoto: oggi 180 Paesi, che rappresentano il 95% delle emissioni globali, hanno messo nero su bianco i propri impegni di riduzione; a Kyoto erano 35 Paesi per l'11% delle emissioni. C'è un'enorme differenza".
Ma Albrizio mette in evidenza anche alcuni ostacoli sulla strada della Cop21: guardando agli obiettivi a lungo termine (si parla del 100% di riduzione delle emissioni al 2070 o al 2100, o di carbon neutrality al 2100) ci si chiede è "come acceleri il processo e quanti soldi vengono impegnati, perché la tecnologia disponibile già c'è e migliorerà ancora". Infine, un aspetto sempre legato alla questione 'soldi', e cioè "il concetto di responsabilità storica dei Paesi avanzati" rispetto alla crisi climatica il loro sviluppo; al suo posto ci sarà - conclude Albrizio - "un meccanismo di compensazione", basato sugli aiuti finanziari e la cooperazione (100 miliardi all'anno al 2020).