ROMA - Città a basse latitudini come le statunitensi Houston e Tampa, in questi giorni colpite dalla furia degli uragani Harvey e Irma, non sono le uniche vulnerabili agli eventi meteorologici estremi. Con il progressivo aumento delle temperature, infatti, sono a rischio inondazione anche le città più a Nord, sia in America che in Europa. A dirlo è uno studio internazionale capitanato dai ricercatori dalle università di Helsinki e della California.
Gli esperti hanno unito osservazioni e modelli per stabilire l'impatto del clima e dell'urbanizzazione sul ciclo idrologico nelle diverse stagioni in quattro città fredde: Minneapolis-Saint Paul (Minnesota), Montreal (Canada), Basilea (Svizzera) e Helsinki (Finlandia). "In generale la quantità di precipitazioni è in crescita e anche il tipo di precipitazione sta cambiando", ha detto Joe McFadden, professore associato nel dipartimento di Geografia dell'università della California, spiegando che con l'aumento delle temperature aumentano le piogge e diminuiscono le nevicate. "Un periodo più breve con copertura nevosa, più piogge primaverili e uno scioglimento della neve più veloce possono combinarsi per liberare grandi quantità d'acqua che hanno il potenziale di stressare i sistemi idrologici urbani e causare inondazioni".
A fare la differenza, una volta che le nevi invernali si sono sciolte, è la percentuale di zone edificate e aree verdi nelle città, un dato che secondo gli esperti può aiutare a valutare il futuro rischio di inondazioni. La terra, infatti, può assorbire l'acqua, mentre il cemento rende il terreno impermeabile. Tra le quattro città studiate, Basilea è la più cementificata, con l'80% di superfici impermeabili, mentre nell'area metropolitana di Saint Paul e Minneapolis risulta impermeabile solo il 10%.