La Cop26 è stata un successo per l'India: sono stati salvaguardati i sussidi alle fonti fossili per i più poveri, sono stati ricononosciuti i principi della "transizione giusta" e delle "responsabilità comuni ma differenziate fra i paesi", e sono stati definiti il Paris Rulebook e le linee guida per i mercati globali del carbonio. Lo hanno detto negoziatori indiani presenti a Glasgow al quotidiano Hindustan Times.
Secondo i negoziatori, l'India alla Cop26 voleva difendere i suoi sussidi alle fonti fossili, destinati a garantire i livelli di sussistenza alla popolazione più povera. Per questo è riuscita a concordare con Usa, Cina e Ue che nel documento finale si parlasse di riduzione (phase down) e non di eliminazione (phase out).
Per gli indiani, a Glasgow "il principio di responsabilità comuni ma differenziate fra i paesi è stato cristallizzato". New Delhi ha fatto inserire nel documento finale (il Patto di Glasgow per il clima) "il sostegno ai più poveri e ai più vulnerabili" e "la necessità del sostegno per una transizione giusta". I negoziatori indiani danno molta importanza alla definizione del Paris Rulebook (le regole per l'applicazione dell'Accordo di Parigi) e delle linee guida per i mercati globali del carbonio (l'articolo 6 dell'Accordo).
I negoziatori indiani dicono di essere rimasti delusi dei risultati della Cop26 rispetto alla finanza climatica (cioè gli aiuti dei paesi ricchi a quelli poveri). Il "profondo rammarico" nel documento finale per la mancata attivazione del fondo da 100 miliardi di dollari all'anno di aiuti è stato introdotto su richiesta di New Delhi, sostengono i funzionari.
"Noi siamo dipendenti dal carbone - hanno riferito i negoziatori indiani -. Probabilmente dobbiamo migliorarne l'uso, ma stiamo dando sussidi ai poveri per aiutarli ad avere un livello base di sussistenza. Paragonare questo con l'utilizzo generale del carbone, dire che è 20 volte quello di certi paesi sviluppati, non è equo. I paesi sviluppati hanno usato tutto il carbone che potevano, e ora sono passati al gas e al petrolio. L'Unione europea per esempio è altamente dipendente dal gas. Ma ora stanno prendendo di mira il carbone, dal quale i paesi in via di sviluppo sono dipendenti".
"Noi volevamo introdurre alcune garanzie" hanno riferito i negoziatori all'Hindustan Times, e "non avevamo forti obiezioni al termine 'phase down'". Soprattutto, gli indiani volevano arrivare ad un testo condiviso su questo argomento, "perchè altrimenti nessuno degli altri documenti, compresi il Paris Rulebook e i mercati del carbonio, sarebbe andato avanti".
"La nostra delegazione poteva accettare il 'phase out' - hanno spiegato -. Ma per noi i sussidi alle fonti fossili sono per i poveri, e noi volevamo garantire questo". Mentre "ci sono altri paesi dove i sussidi non sono per i poveri".
Alla Conferenza di Glasgow, il premier Narendra Modi ha detto che l'India si impegna a ricavare il 50% del suo fabbisogno energetico da fonti rinnovabili al 2030, a ridurre le sue emissioni di 1 miliardo di tonnellate alla stessa data, e a raggiungere zero emissioni nette al 2070.
India, sul carbone accordo fra Usa e Cina. Non è stata l'India a imporre il termine "riduzione" (phase down) per le centrali a carbone e i sussidi alle fonti fossili nel documento finale della Cop26 di Glasgow, facendo saltare la "eliminazione" (phase out) prevista nelle prime bozze. Il termine più blando "riduzione" è stato introdotto dopo un negoziato fra Usa, Cina, India, Ue e la presidenza britannica, perché era quello già usato nell'accordo di alcuni giorni prima fra Cina e Stati Uniti sull'azione climatica. Lo sostengono alcuni negoziatori della delegazione indiana a Glasgow, sentiti dal quotidiano indiano Hindustan Times.
Secondo la loro ricostruzione, il termine phase out (eliminare) riferito alle centrali a carbone e ai sussidi alle fonti fossili, era stato raccomandato dai piccoli stati insulari, raccolti nella coalizione Aosis. Gli indiani non erano d'accordo col "phase out" dei sussidi alle fonti fossili: nel loro paese queste sono a favore soprattutto della popolazione più povera, e New Delhi voleva salvaguardare questa forma di sostegno sociale.
Ma il passaggio da "eliminare" a "ridurre", per i negoziatori indiani "è maturato a seguito di discussioni fra il presidente britannico Alok Sharma, gli Stati Uniti (con l'inviato per clima John Kerry), la Cina (con l'inviato per il clima Xie Zhenhua), l'India (col ministro dell'Ambiente Bhupender Yadav) e la Ue (col vicepresidente della commissione Frans Timmermans). La presidenza poi ha chiesto al ministro indiano di leggere il testo di compromesso. Ma Yadav ha detto chiaramente nel suo intervento che quella non era la posizione dell'India soltanto, ma era concordata con la presidenza e gli altri soggetti interessati".