L'Eni ha annunciato che la società CFS, partecipata dal gruppo italiano come maggiore azionista e dal Mit di Boston, ha condotto con successo il primo test di un supermagnete che dovrebbe contenere e gestire la fusione nucleare di deuterio e trizio. CFS prevede di costruire entro il 2025 il primo reattore sperimentale e di produrre energia per la rete già nel prossimo decennio.
"La fusione a confinamento magnetico, tecnologia mai sperimentata e applicata a livello industriale finora, è una fonte energetica sicura, sostenibile e inesauribile, che riproduce i princìpi tramite i quali il Sole genera la propria energia, garantendone una enorme quantità a zero emissioni e rappresentando una svolta nel percorso di decarbonizzazione". Così l'Eni in un comunicato stampa annuncia il successo del primo test di un supermagnete per contenere e gestire la fusione nucleare. CFS, aggiunge la nota, prevede di "immettere energia da fusione nella rete elettrica nel prossimo decennio".
Il test ha riguardato l'utilizzo di elettromagneti di nuova generazione per gestire e confinare il plasma, ovvero la miscela di deuterio e trizio portata a temperature altissime da fasci di onde elettromagnetiche, e ha dimostrato la possibilità di assicurare l'innesco e il controllo del processo di fusione, dimostrando l'elevata stabilità di tutti i parametri fondamentali. Sulla base dei risultati del test, CFS conferma la propria "roadmap", che prevede la costruzione entro il 2025 del primo impianto sperimentale a produzione netta di energia, denominato SPARC, e successivamente quella del primo impianto dimostrativo, ARC: il primo impianto capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica che, secondo la tabella di marcia, sarà disponibile nel prossimo decennio. SPARC sarà realizzato assemblando in configurazione toroidale (una ciambella detta "tokamak") un totale di 18 magneti dello stesso tipo di quello oggetto del test. In tal modo sarà possibile generare un campo magnetico di intensità e stabilità necessarie a contenere un plasma di isotopi di idrogeno a temperature dell'ordine di 100 milioni di gradi, condizioni necessarie per ottenere la fusione dei nuclei atomici, con il conseguente rilascio di un'elevatissima quantità di energia. In pratica, lo stesso fenomeno che avviene nelle stelle come il Sole. Eni è impegnata da tempo in questo ambito di ricerca e nel 2018 ha acquisito una quota del capitale di CFS per sviluppare il primo impianto che produrrà energia grazie alla fusione. Contestualmente, l'azienda ha sottoscritto un accordo con il Plasma Science and Fusion Center del Massachusetts Institute of Technology (MIT), per svolgere congiuntamente programmi di ricerca sulla fisica del plasma, sulle tecnologie dei reattori a fusione, e sulle tecnologie degli elettromagneti di nuova generazione.
Descalzi, per Eni la fusione è centrale per decarbonizzare. "Per Eni, la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale nella ricerca tecnologica finalizzata al percorso di decarbonizzazione, in quanto potrà consentire all'umanità di disporre di grandi quantità di energia prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile e senza alcuna emissione di gas serra, cambiando per sempre il paradigma della generazione di energia e contribuendo a una svolta epocale nella direzione del progresso umano e della qualità della vita". Lo scrive in un comunicato l'Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, "Lo sviluppo di tecnologie innovative - ha aggiunto descalzi - è uno dei pilastri su cui poggia la strategia di Eni volta al completo abbattimento delle emissioni di processi industriali e prodotti, nonché la chiave per una transizione energetica equa e di successo. Il risultato straordinario ottenuto durante il test dimostra ancora una volta l'importanza strategica delle nostre partnership di ricerca nel settore energetico e consolida il nostro contributo allo sviluppo di tecnologie game changer".