Quotidiano Energia - Prima di una lunga serie, la chiusura lo scorso febbraio del primo reattore della centrale nucleare di Fessenheim “è stata caratterizzata da un caotico processo decisionale e rischia di essere costosa per lo Stato”. E’ l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti francese, che sottolinea come il processo di arresto e smantellamento dei reattori transalpini costruiti negli anni ‘80 e ‘90 “si protrarrà per oltre un secolo”.
In un rapporto sul decommissioning nucleare richiesto dal Senato e pubblicato ieri, la Corte muove non pochi appunti agli aspetti finanziari del programma messo a punto da Edf, Orano (già Areva) e dalla Commissione per l’energia atomica (Cea), che al momento prevede costi per 46,4 miliardi di euro.
I giudici ritengono che lo Stato non si sia dimostrato sinora sufficientemente organizzato per valutare i preventivi proposti dagli operatori. Di qui la richiesta di una maggiore cautela nella valutazione dei costi, “in particolare tenendo conto delle incertezze e dei rischi legati alle stime di costo”, anche perché “Edf e Orano escludono dalle loro valutazioni alcune spese come gli oneri di post-sfruttamento, le imposte e i premi assicurativi”.
Il decommissioning “è soggetto a forti vincoli tecnici e finanziari e registra aumenti significativi dei costi stimati”, mentre le autorità incontrano difficoltà a coniugare gli obiettivi di tempo e di costo stabiliti dalla legge”, conclude la Corte, che formula di conseguenza una serie di raccomandazioni relative allo spegnimento dei reattori, alla gestione delle operazioni di smantellamento e alla valutazione dei costi.
Decommissioning nucleare Francia, allarme della Corte dei Conti
“Chiusura di Fessenheim caotica e costosa per lo Stato, preparare meglio le prossime”
Prima di una lunga serie, la chiusura lo scorso febbraio del primo reattore della centrale nucleare di Fessenheim “è stata caratterizzata da un caotico processo decisionale e rischia di essere costosa per lo Stato”. E’ l’allarme lanciato dalla Corte dei Conti francese, che sottolinea come il processo di arresto e smantellamento dei reattori transalpini costruiti negli anni ‘80 e ‘90 “si protrarrà per oltre un secolo”.
In un rapporto sul decommissioning nucleare richiesto dal Senato e pubblicato ieri, la Corte muove non pochi appunti agli aspetti finanziari del programma messo a punto da Edf, Orano (già Areva) e dalla Commissione per l’energia atomica (Cea), che al momento prevede costi per 46,4 miliardi di euro.
I giudici ritengono che lo Stato non si sia dimostrato sinora sufficientemente organizzato per valutare i preventivi proposti dagli operatori. Di qui la richiesta di una maggiore cautela nella valutazione dei costi, “in particolare tenendo conto delle incertezze e dei rischi legati alle stime di costo”, anche perché “Edf e Orano escludono dalle loro valutazioni alcune spese come gli oneri di post-sfruttamento, le imposte e i premi assicurativi”.
Il decommissioning “è soggetto a forti vincoli tecnici e finanziari e registra aumenti significativi dei costi stimati”, mentre le autorità incontrano difficoltà a coniugare gli obiettivi di tempo e di costo stabiliti dalla legge”, conclude la Corte, che formula di conseguenza una serie di raccomandazioni relative allo spegnimento dei reattori, alla gestione delle operazioni di smantellamento e alla valutazione dei costi.